BENVENUTI IN ITALIA

Un film documentario di
Aluk Amiri, Hamed Dera, Hevi Dilara, Zakaria Mohamed Ali, Dagmawi Yimer, 2012 (60′).

Cinque cortometraggi scritti, girati e diretti da ragazze e ragazzi immigrati in Italia. Un mosaico di piccole storie accomunate dalla ricerca di uno sguardo interno sulla condizione migrante e, insieme, un ritratto composito dell’Italia e del suo sistema di accoglienza riflesso negli occhi di chi arriva.

BENVENUTI IN ITALIA è un film documentario in cinque episodi girato a dieci mani, prodotto dall’Archivio delle memorie migranti con il sostegno dell’Open Society Foundations e della Fondazione lettera27, in collaborazione con Asinitas e Circolo Gianni Bosio. Gli autori del film, provengono da mondi lontani tra loro e sono stati selezionati indipendentemente dalla loro esperienza nel campo degli audiovisivi. Molti di loro non avevano mai preso una telecamera in mano. Dopo un percorso di formazione, hanno scelto di ambientare le storie nei diversi contesti del loro arrivo.
Aluk Amiri, giovane afghano giunto in Italia all’età di quindici anni, racconta i tormenti del giovane Nasir, suo alter ego, nel giorno del suo diciottesimo compleanno in un appartamento messo a disposizione dal Comune di Venezia per i rifugiati politici.
Zakaria Mohamed Ali, costretto a lasciare Mogadiscio dopo l’omicidio del suo maestro di giornalismo e di altri colleghi, dà voce ai sogni di gloria di Dadir, campione di calcio affermato nel suo paese e oggi costretto a viaggiare senza biglietto da Milano a Roma per giocare con la ‘nazionale somala di Roma’.
Hevi Dilara, rifugiata curda, racconta lo spaesamento di una giovane famiglia appena sbarcata in un centro di prima accoglienza di Ercolano.
Il burkinabé Hamed Dera riprende l’attività e gli ospiti della pensione “chez Margherita”, punto di riferimento della comunità burkinabé a Napoli, prima della sua imminente chiusura.
Il filmmaker e rifugiato etiope Dagmawi Yimer segue il mediatore culturale e attore senegalese Mohamed Ba mentre rievoca quando, in una bella giornata di sole, uno sconosciuto decide di accoltellarlo davanti alla fermata dell’autobus.

Leggi la presentazione del progetto Benvenuti in Italia.

Benvenuti in Italia

Cinque cortometraggi scritti, girati e diretti da ragazze e ragazzi immigrati in Italia. Un mosaico di piccole storie accomunate dalla ricerca di uno sguardo interno sulla condizione migrante e, insieme, un ritratto composito dell’Italia e del suo sistema di accoglienza riflesso negli occhi di chi arriva. BENVENUTI IN ITALIA è un film documentario in cinque episodi girato a dieci mani, prodotto dall’Archivio delle memorie migranti con il sostegno di Open Society Foundations e di lettera27, in collaborazione con Asinitas e Circolo Gianni Bosio. Gli autori del film, provengono da mondi lontani tra loro e sono stati selezionati indipendentemente dalla loro esperienza nel campo degli audiovisivi. Molti di loro non avevano mai preso una telecamera in mano. Dopo un percorso di formazione, hanno scelto di ambientare le storie nei diversi contesti del loro arrivo.

I cinque autori sono stati selezionati a gennaio 2011. A febbraio hanno partecipato a un corso pratico intensivo di sensibilizzazione al cinema documentario al termine del quale ciascuno di loro ha realizzato un breve cortometraggio. A marzo e aprile hanno individuato i personaggi e le storie da raccontare, e scritto un soggetto.

Per le riprese, eseguite in quattro diverse città italiane tra fine aprile e agosto, sono state formate delle piccole crew di due persone: ciascun ragazzo ha curato le riprese della propria storia e fatto il suono dell’episodio girato dall’altro. In questa fase sono stati affiancati da un tutor, che ha aiutato la logistica e facilitato le riprese. Successivamente tutti e cinque hanno partecipato al montaggio del loro episodio per alcune settimane, affiancando due esperte montatrici.

Al progetto ha partecipato anche Svonko DJORDJEVIC: nato a Roma, cresciuto nel campo rom di via dei Gordiani tra la Casilina, la Prenestina, Centocelle e Pigneto, a tutti gli effetti “italiano”, Svonko non ha ricevuto la cittadinanza e vive grazie a un permesso di soggiorno. Nell’ambito del progetto ha girato il corto “Da dove vengo io”.

Guarda il trailer di Benvenuti in Italia.

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All’interno del progetto i partecipanti hanno seguito un corso di sensibilizzazione al documentario, condotto da Renaud Personnaz, che ha prodotto sei brevi documentari sul tema del lavoro.

Questi i cortometraggi prodotti durante il corso formativo di video partecipato.

Roma arrota di Aluk Amiri

L’attesa di Zakaria Mohamed Ali

Bilal di Hevi Dilara

Friziorat di Dagmawi Yimer

Centrocampista di Mahamady Dera

To work – A lavoro di Desislava Stoichkova

Le collaborazioni

BENVENUTI IN ITALIA si è avvalso di alcune preziose collaborazioni:

Renaud PERSONNAZ, ha curato il corso di sensibilizzazione al cinema documentario e la formazione di base. È operatore e direttore della fotografia, in Francia e in Italia, su film documentari e di finzione. Ha lavorato con registi come Martone, Ciprì e Maresco, Soldini, Di Costanzo, Lo Cascio. Ha diretto alcuni documentari, tra i quali Le boeuf sous le toit, Au-delà des notes e Opera oscura. Da dieci anni collabora agli Ateliers Varan, scuola di formazione pratica al documentario, nata a Parigi nel 1981 da un’idea di Jean Rouch.

Aline HERVÉ, montatrice francese di stanza in Italia, ha lavorato con Pietro Marcello, Paolo Pisanelli, Angelo Loy. Ha montato decine di documentari, tra cui Pinocchio Nero, Don Vitaliano, Il passaggio della linea e Una scuola italiana.

Lizi GELBER, nata e cresciuta in Italia da genitori americani, ha lavorato al montaggio di lungometraggi a Roma, Los Angeles (in opere di Altman, Cimino, Polanski, Sergio Leone) e poi a Parigi, dove ha lasciato il cinema per dedicarsi al documentario. Tra gli altri, ha montato The Agronomist di Jonathan Demme. Su questa esperienza ha scritto:
“Nei documentari ho l’impressione di poter combinare il mio mestiere di racconta-storie con il bisogno di fare qualcosa, nel mio piccolo, qualcosa di utile ed appassionante. Spesso nei documentari si vorrebbe raccontare una storia da UN ALTRO punto di vista, poco conosciuto e non scontato. Sotto quest’ aspetto BENVENUTI IN ITALIA è stato un momento privilegiato di scambio intenso da cui ho imparato molto… sia umanamente che come professionista”.

Saba ANGLANA, cantante di origine etiope, ha messo a disposizione del film una canzone del suo nuovo album in uscita, “Xamar” (courtesy AMREF/Verosound). Nata a Mogadiscio da mamma etiope e padre italiano, laureata in Storia dell’Arte, ha al suo attivo due dischi: Jidka (Egea, 2008) e Biyo (World Music Network, 2010).

Desislava Valentinova STOICHKOVA, 27 anni, ha curato il backstage fotografico del progetto, realizzato il logo e tutti i materiali grafici di comunicazione di AMM. È nata e si è laureata a Sofia, e vive in Italia da circa tre anni. Fotografa e grafica di talento, attualmente è in cerca di un’occupazione.

BENVENUTI IN ITALIA è un progetto di Giulio Cederna e Alessandro Triulzi, coordinato da Dagmawi Yimer e Federico Triulzi.

Il lancio

BENVENUTI IN ITALIA è stato lanciato il 27 gennaio, Giorno della memoria, in contemporanea in cinque città italiane: Roma, Milano, Napoli, Venezia e Verona.
L’evento ha visto la partecipazione di decine di personalità, tra scrittori, registi, cantanti, mediatori, in buona parte immigrati, da Pap Khouma a Saba Anglana, da Maria Stefanache a Mohamed Ba, da Issa Diallo ad Ali Baba Faye, ed è stato reso possibile dalla collaborazione di numerose istituzioni, reti, associazioni:

Ansi – Associazione Stampa Interculturale; Fortress Europe; L’Italia sono anch’io; Passpartù; Radio.doc; Razzismo brutta storia; Rete Primo Marzo; Storie Migranti; ZaLab; Milano: Institut français; Kenzi Productions; Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina; Napoli: Università Federico II; Università L’Orientale di Napoli; CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud; LTM – Laici Terzo Mondo; L.e.s.s. Onlus; Shangri-La; CEICC – Centro Europeo Informazione Cultura e Cittadinanza; Roma: Centro Aggregativo Apollo 11; La Casa del Cinema; Cinema Trevi – Cineteca Nazionale; Off!cine; Venezia: Assessorato alle Attività Culturali Città di Venezia; La Casa del Cinema; Verona: Nella mia città nessuno è straniero; Fondazione Nigrizia Onlus; Festival del Cinema Africano di Verona.

Per richiedere il film per eventi e proiezioni pubbliche scriveteci a: segreteria@archiviomemoriemigranti.net

“Voci, racconti e testimonianze dall’Italia delle migrazioni. L’Archivio delle memorie migranti”

di Alessandro Triulzi

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Abstract

L’Archivio delle memorie migranti (AMM) nasce all’interno di un progetto di educazione attiva presso l’associazione Asinitas Onlus e la scuola di italiano per rifugiati e richiedenti asilo di Via Ostiense a Roma. Nel gennaio 2012 l’Archivio si è costituito in Associazione di promozione sociale. AMM si compone di due aree di lavoro: il Gruppo Ricerche, che si occupa della produzione e archiviazione di testimonianze scritte e orali, e il Gruppo Audiovisivi impegnato nella realizzazione di produzioni audio e video documentarie. Dal 2011 AMM ha avviato la raccolta e l’archiviazione sistematica, sia in forma scritta che audiovisiva, di storie e testimonianze di migranti, in particolare rifugiati e richiedenti asilo, con la partecipazione attiva di migranti appositament e formati. AMM promuove progetti in rete, la realizzazione di laboratori di video-formazione e la produzione di documentari e cortometraggi realizzati da migranti.

Presentare un archivio di memorie per loro definizione ‘migranti’, per di più nato da poco, senza una sede fissa e con scarsi mezzi, vuol dire parlare di qualcosa che è ancora in larga misura ‘in cammino’, e di cui le prime realizzazioni permettono di delineare il percorso di marcia più che mostrare consolidati risultati di ricerca o raccolta di fonti. Il tentativo di rintracciare voci e memorie di migranti dal Corno d’Africa – mio tradizionale terreno di ricerca – si è imposto al termine e come proseguimento dell’insegnamento di Storia dell’Africa Subsahariana tenuto per più di trent’anni all’Università di Napoli “L’Orientale” dopo aver visto, in un improvviso ribaltamento dei flussi migratori e coloniali europei nell’Africa di fine Ottocento, i propri soggetti di studio sbalzati un secolo dopo all’interno della società italiana. La scelta iniziale, presto condivisa da un gruppo di volontari, studenti e ricercatori, è stata una decisione che si è imposta allora a livello etico-culturale e allo stesso tempo come rinnovamento di campi disciplinari. Avendo descritto altrove il processo di maturazione e di forte coinvolgimento di gruppo (Triulzi & Carsetti 2007), non intendo soffermarmi su ragioni che a loro volta articolavano una richiesta di sapere e un bisogno collettivo di cambiamento che si andavano allora imponendo, sia pure tortuosamente, nella società italiana di accoglienza. È da queste richieste e bisogni che occorre partire per arrivare nel gennaio 2012 all’atto di fondazione dell’Archivio delle memorie migranti (AMM) come Associazione di promozione sociale a sé stante.

Origini e percorso di gestazione dell’Archivio

L’Archivio delle memorie migranti nasce inizialmente come deposito (repository) di storie, narrazioni e testimonianze raccolte all’interno di una Scuola di italiano per migranti (www.asinitas.org), con cui avevo iniziato a collaborare per affiancare una sperimentazione terapeutica inizialmente portata avanti da un gruppo di volontari in collaborazione con Medici contro la Tortura. La raccolta di storie e narrazioni per ricostruire i tessuti comunitari di migranti sopravvissuti ai traumi dell’esodo forzato inizia a prendere forma nel 2004 tra gli occupanti stranieri dei Magazzini di Tiburtina, un ampio spazio allora presidiato da alcune centinaia di richiedenti asilo e rifugiati politici provenienti dal Dar Fur e dalle regioni del Corno d’Africa, poi sgombrato con la forza dal Comune di Roma nel 2005. È qui, tra i vestiti e le fotografie rase al suolo dalle ruspe insieme a quello che restava della prima comunità autonoma di accoglienza per migranti nata a Roma, allora denominat a ‘Hotel Africa’, che è nata nel gruppo l’idea di conservare le tracce, le narrazioni e le testimonianze di viaggio e dell’arrivo per registrare la tortuosa accoglienza riservata agli ‘ospiti’ stranieri di Tiburtina (Triulzi 2013). Nella scuola Asinitas fondata sui lasciti di questa esperienza, le storie dei migranti, espresse in modo incerto e con le poche parole di italiano conosciute, venivano usate in attività didattiche come tracce di memoria, e di riconoscimento, della propria identità culturale e di miglioramento nella conoscenza dell’italiano da parte di st ranieri migrant i resident i a Roma e provincia.

Il lavoro presso la Scuola Asinitas di Via Ostiense a Roma dà inizio alla prima fase dell’Archivio portato avanti insieme agli operatori didattici con cui vengono condivisi gli anni di formazione (2005-2011) e la prima sperimentazione di progetti di raccolta e diffusione di testimonianze audiovisive. Tale lavoro è stato fondamentale per i volontari e i ricercatori dell’Archivio non meno che per i migranti-studenti alcuni dei quali sono poi diventati mediatori culturali e della comunicazione. La Scuola di Via Ostiense, terreno di raccolta e allo stesso tempo laboratorio di esperienze di formazione e ricerca, era allora frequentata da migranti provenienti soprattutto dalle regioni del Corno d’Africa martoriate da conflitti intestini mescolati a povertà e autoritarismo, e ospitava principalmente studenti rifugiati dall’Eritrea, Somalia, Etiopia e dal Dar Fur sudanese arrivati in Italia da poco. Fin dall’inizio l’insegnamento della lingua italiana era intessuto con le tracce di memoria che si voleva conservare: “A scuola le lezioni seguono le ‘tracce’ degli studenti. Si fa lezione raccogliendo e soffermandosi su ciascuna parola che imprevedibilmente loro pronunciano. All’inizio la partecipazione degli studenti alle lezioni d’italiano sono parole senza sintassi, intenzioni di discorso, abbozzi di frase, pensieri incompleti. Le parole evocano però interi discorsi, producono linguaggi. È da lì che si parte” (Triulzi e Carsetti 2007, 108).

Il lavoro della scuola consisteva proprio in questo: dare spazio autonomo alle voci narranti dei diretti interessati nella necessaria ricostruzione/ricomposizione delle loro identità dopo lo spaesamento dell’arrivo. Seguendo l’annotazione di Abdelmalek Sayad (2002) che immigrazione e emigrazione sono ‘due facce della stessa medaglia’, si ricostruire la complessità del percorso migrat orio nella sua ‘interezza’, e ricollegare pertanto chi arrivava con la propria società di origine, il qui con il là del loro peregrinare: “A scuola questo è possibile perché è uno spazio aperto dove provare a pronunciare il proprio discorso in prima persona e in mezzo agli altri, in un ambiente significativo di apprendimento, dove riannodare i fili, riordinare le tracce, esplorare i contorni e le radici della propria esperienza migratoria” (Triulzi e Carsetti 2007, 108). Al termine di ogni anno, i materiali raccolti diventavano libro di letture per gli studenti-migranti e forma di auto-riconoscimento per la comunità mista di studenti, volontari e ricercatori. I ‘libretti’ di Asinitas con le testimonianze vive, i prodotti artigianali e i disegni degli studenti raccolti nella collana “Percorsi”, segnavano il progressivo avanzamento nelle pratiche di educazione attiva e la prima raccolta di materiali di archivio che univano produzioni audiovisive e laboratori informatici sui temi della migrazione (www.asinitas.org/produzioni/).

Facevano parte di questi percorsi nuove aggregazioni di saperi e pratiche di interscambio culturale che, con il sostegno di Fondazioni bancarie (Monte dei Paschi di Siena) e private (AAMOD-Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Fondazione lettera27) si concretizzarono in un progetto formativo denominato “Confini” che includeva, oltre all’insegnamento della lingua italiana, cerchi narrativi con ragazzi migranti realizzati in collaborazione con le scrittrici di origine somala Cristina Ali Farah e Igiaba Scego (Carsetti, Scego, Triulzi 2009), elaborazioni plastiche di micro-paesaggi e luoghi della migrazione miste a memorie di arrivo e di transito come nella Mostra Geografie extra-vaganti allestita presso la Città dell’Altra Economia a Roma nel giugno 2010 (Borella, Carsetti, Mammarella 2010), e soprattutto la produzione dei primi video partecipati (Il deserto e il mare, 2007; Come un uomo sulla terra, 2009; C.A.R.A. Italia, 2010; Una scuola italiana, 2011) che, condotti da Asinitas insieme a registi italiani e migranti, tracceranno il solco futuro di AMM come produttore e non solo raccoglitore di fonti audiovisive.

Immagini in movimento: la produzione filmica di AMM

Il 2012 apre la seconda fase dell’Archivio, trasformato in Associazione autonoma, produttrice e raccoglitrice di memorie e testimonianze audiovisive sulla migrazione, che nasce in stretta collaborazione con l’Archivio sonoro Franco Coggiola e gli operatori del Circolo Gianni Bosio presso la Casa della Memoria e della Storia del Comune di Roma. In questo periodo si annodano collaborazioni fruttuose da un lato con l’Ente universitario di origine,  l’Università di Napoli “L’Orientale” e con Istituti e Biblioteche romane (ICBSA-Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi, Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Biblioteche di Roma) dando avvio a una Rete di archivi e memorie migranti (RAMM), dall’altro con Fondazioni internazionali (OSF-Open Society Foundations), archivi consolidati (Archivio Franco Coggiola, AAMOD, Archivio storico Luce) e con le organizzazioni della società civile attive sul territorio a Napoli e Roma per avviare percorsi comuni e progetti di comunicazione e/o raccolta di fonti in ambito interculturale.

In questa fase l’Archivio aderisce al progetto di condivisione delle fonti coloniali Returning and Sharing Memories avviato da Paolo Bertella Farnetti all’Università di Modena e Reggio Emilia e si fa portatore presso altri Atenei e istituzioni culturali dell’apertura di un portale sulle fonti coloniali da condividere con gli studenti e gli studiosi dei paesi già sotto amministrazione italiana (Bertella Farnetti 2009).

Rientra in questa fase la produzione di documentari e video partecipativi (PV) che, sulla scia dell’antropologia condivisa di Jean Rouch (Grisolia 1988), condividono pratiche e forme dell’ “atto di rappresentazione tra un’istanza rappresentante e un’istanza rappresentata” (Moraldi 2013, 221-226), non solo spostando l’accento dal prodotto al processo ma insistendo nella direzione della piena promozione di autorialità della regia migrante (dalla scelta dei soggetti alla effettiva esecuzione dei lavori). Negli anni 2011-2013 l’Archivio produce tre film documentari diretti o co-diretti da registi migranti che vanno in questa direzione. Il primo, Soltanto il mare (2011), diretto da Dagmawi Yimer e Giulio Cederna, si sofferma sugli abitanti di Lampedusa visti attraverso la cinepresa di un migrante sbarcato alcuni anni prima da ‘clandestino’ e tornato sull’isola come regista. Il secondo, Benvenuti in Italia (2012), è un docu-film in cinque episodi girati da migranti provenienti da Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Kurdistan e Somalia, coordinati da Renaud Personnaz, al termini di un seminario di formazione sulle modalità di auto-rappresentazione e di video partecipativo. Il terzo, Va’ Pensiero. Storie ambulanti (2013), opera prima di regia autonoma di Dagmawi Yimer, registra le reazioni delle vittime di due gravi attacchi razzisti avvenuti in Italia: il ferimento di Mohamed Ba, un attore e mediatore cult urale senegalese a Milano nel 2009, e l’uccisione in pieno giorno, a Firenze nel 2011, di due venditori ambulanti senegalesi e il ferimento grave di altri tre. Il progetto Va’ pensiero ha ricevuto nel 2011 il premio di produzione Gianandrea Mutti dando via, l’anno seguente, alla partecipazione dell’Archivio all’istituzione del Premio Mutti-AMM, il primo e unico premio in Italia dedicato al cinema migrante, organizzato in collaborazione con l’Associazione Amici di Giana e la Cineteca di Bologna e il sostegno di OSF e lettera27 (www.cinetecaidibologna.it /news_139).

I film di AMM si caratterizzano principalmente per la tendenza a rappresentare l’alterità attraverso l’auto-narrazione e a recepire lo sguardo dell’altro-interno alla società italiana. Sono film di denuncia ma anche di riflessione, a volte drammatica, a volte ironica, su realtà a contatto (e non solo a contrasto) nella vita quotidiana, a scuola, per strada, nei luoghi di frequenza dei migranti, i mercati, i centri di accoglienza e quelli di espulsione. Alla base c’è un racconto per immagini non solo dei e sui migranti e richiedenti asilo ma sull’Italia che cambia ed è vista attraverso gli occhi degli ‘stranieri tra noi’, e sulle pratiche di accoglienza, o di respingimento, del Paese nel suo complesso. Il film che ha dato inizio all’auto-narrazione dei migranti, e che ha portato il regista rifugiato dall’Etiopia Dagmawi Yimer a farsi portavoce dell’Archivio e dei suoi metodi, è stato Come un uomo sulla terra, un film co-diretto insieme a Andrea Segre e Riccardo Biadene nel 2009. Il film “racconta per mezzo di alcuni testimoni, il viaggio impossibile del migrante – che lui stesso [Dagmawi Yimer] anni addietro ha intrapreso – dall’Africa all’Europa. Egli si vede nel film interagire con i soggetti, fare da ‘mediatore interno’, da ‘guida’ nella comunità dei rifugiati; inoltre, è la sua voce fuori campo che introduce all’incontro con i migranti e guida lo sviluppo del film, come a sottolineare la necessità di dare valore testimoniale alle immagini” (Moraldi 2013, 232). Un cinema dunque che è ‘fonte’ di memoria e di testimonianza, ma anche moltiplicazione di voci e di sguardi sulla migrazione e sulla società che la ospita. Fanno parte della produzione di questo cinema-documento, il corto To whom it may concern (2012), un documentario del giornalista somalo Zakaria Mohammed Ali, sbarcato a Lampedusa nel 2008, che ritorna sull’isola quattro anni dopo alla ricerca delle foto e dei documenti che gli sono stati portati via al momento dell’arrivo insieme al suo nome e alla sua identità; l’audio-mappa di Mohammad Aman, oggi mediatore culturale a Lampedusa, che racconta il suo personale ‘ritorno’ sull’isola da uomo libero nell’estate del 2012 (Bandella 2013); e Grooving Lampedusa, dello stesso anno, un foto-racconto per immagini (Badagliacca 2013) che ripercorre con i protagonisti i luoghi del loro primo sbarco tra storia e memoria.

La produzione filmica dell’Archivio, oltre a essere disponibile in rete, viene diffusa secondo modalità di distribuzione civile inaugurate con il film Come un uomo sulla terra (Segre 2009, 119-126), e poi continuate con le produzioni successive, che prevedono ad ogni proiezione la presenza di migranti-testimoni che hanno partecipato al processo produttivo. I film sono consultabili in rete alla voce Immagini sul sito di AMM (www.archiviomemoriemigranti.net/produzioni/). La sezione Mappe del sito presenta invece il progetto “Geografie degli sguardi”, 200 segnalazioni e schede geo-referenziate relative della produzione filmica italiana nel settore delle migrazioni degli ultimi venti anni con particolare riferimento ai film che fuoriescono dai circuiti commerciali e riflettono criticamente sulla condizione migrante con modalità di produzione partecipate da registi, scenografi o scrittori migranti.

Fondi e documenti conservati

L’Archivio conserva copie cartacee e digitali relative a testi audio e video di documentazione e rappresentazione del fenomeno migratorio in Italia, con particolare riguardo alle narrazioni, memorie e testimonianze condivise e partecipate dai migranti stessi. I fondi cartacei dell’Archivio sono in fase di riordino e sono soggetti a restrizioni a garanzia della privacy e riservatezza degli autori. I materiali accessibili in rete sono consultabili sul sito di AMM. Il fondo documentario di AMM include testimonianze in forma orale e scritta, sotto forma di colloqui o interviste (entretiens), narrazioni, racconti: i documenti cartacei raccolti nel fondo sono eclettici ed eterogenei, nascono dalla volontà di testimoniare, dal bisogno di raccontare e di raccontarsi, di far conoscere il punto di vista dei migranti, il loro vissuto, l’espressione della propria creatività, l’acquisizione di una nuova coscienza civile e politica, la voglia di dire in una lingua nuova, il desiderio di comunicare e condividere, e altro ancora. Individuali e partecipate, le scritture e narrazioni migranti di AMM diventano uno strumento per darsi un nome e dare un nome alle cose nell’Italia delle migrazioni e alla loro rappresentazione spesso appiattita dai media e dalla politica. Per questo AMM non segue le categorie di catalogazione tipica degli archivi. Con le sue attività e le sue pratiche, somiglia metaforicamente più a un taccuino che a un armadio, è il quaderno che accoglie le prime parole, i primi tentativi di auto-narrazione, lo spazio in cui prendono forma racconti autobiografici che non solo mettono per iscritto i ricordi, ma che li rendono possibili, narrabili, condivisibili.

I fondi cartacei dell’Archivio descritti sul sito AMM sotto la voce testi è suddiviso nelle sezioni interviste, testimonianze, audio-documenti e saggi e ricerche.

Interviste. La sezione contiene la documentazione relativa a incontri, conversazioni, interviste, cerchi narrativi o colloqui tenuti, svolti o organizzati dai volontari, ricercatori, e soci di AMM. Rientrano in questa sezione scritture creative o autobiografiche di singoli migranti o scrittori che hanno partecipato a seminari, progetti e audizioni (Scego 2009). Rientrano altresì i materiali di backstage di alcune produzioni filmiche (Come un uomo sulla terra, C.A.R.A. Italia, Benvenuti in Italia) con i testi integrali dei documenti di produzione, i soggetti, le interviste di sfondo. Di ogni incontro, colloquio e intervista vengono presentate schede di identificazione e brevi estratti scritti e, quando disponibili, audio. Le interviste includono colloqui e racconti di viaggio e dell’arrivo svolti in gruppi di ascolto con o tra migranti provenienti dalla stessa area (es. Giovani Etiopia, 1-8; Migranti e spazi pubblici, 1-2; Cerchio narrativo con giovani somali, 1-9), interviste lunghe con combattenti eritrei (GT, 1-3) a volte scritti in lingue locali (amarico, tigrino, somalo) da parte di migranti provenienti dalle rispettive regioni. Vista la complessità di problemi che circondano le testimonianze dei migranti, e la necessità di condividere i testi prima di poterli diffondere, non sorprendano i tempi lunghi di produzione di queste ‘traduzioni’ dal vivo. Alcuni di questi scritti pertanto sono tuttora in corso di editing e di condivisione con gli autori. I testi integrali delle singole interviste o colloqui sono consultabili secondo modalità concordate con gli autori e saranno resi disponibili al termine dell’attuale riordino.

Testimonianze. La sezione ‘testimonianze’ riporta le auto-rappresentazioni, prevalentemente scritte – ma spesso corredate di immagini, video, audio – di soggetti migranti che intendono condividere le loro riflessioni sotto forma di diari, racconti, scritture, parole, segni o immagini, sul proprio percorso migratorio, le sue caratteristiche, i suoi lasciti, per intessere e condividere con altri gli intrecci, gli snodi e gli attraversamenti dei propri percorsi di vita individuali e collettivi. Tra le testimonianze più rappresentative vi è la cronaca dettagliata del viaggio Addis Abeba-Lampedusa di Dagmawi Yimer e del gruppo di giovani arrivati nel 2006 tutti provenienti dal quartiere di Qirqos della capitale etiopica (Yimer 2011), un lungo estratto di intervista a Gabriel Tzeggai, un combattente eritreo rifugiato in Italia, sui giovani eritrei in fuga dal loro paese (Tzeggai 2011), oppure il diario di viaggio Mogadiscio-Lampedusa del giornalista somalo Zakaria Mohamed Ali o il glossario di ‘parole narrate’ di Abubakar Mukhtar Jokof, entrambi ancora in fase di scrittura, o la lunga intervista accompagnata da scritti in lingua tigrina dell’ex-militare eritreo, Mahamed Aman, ora operatore di Save the Children sull’Isola, rilasciata all’indomani del suo arrivo in Italia, tutt’ora in fase di editing.

Foto 1 Zakaria Mohamed Ali, Scrittura sul molo di Lampedusa per il corto To whom it may concern, Lampedusa 2012 (©Zakaria Mohamed Ali)

Audio documenti. La sezione raccoglie documenti audio risultanti da accordi, incontri, inchieste, svolti da volontari, ricercatori, giornalisti, appartenenti a AMM o a altri soggetti della rete degli archivi e memorie migranti (RAMM), tesi a rappresentare, ricostruire e documentare vicende, eventi e processi relativi alla condizione migrante in Italia e all’estero. Gli audio-documenti testimoniano l’importanza di raccogliere la produzione audio diffusa nel paese, dalle inchieste di Audiodoc sui progetti di migrazioni interrotti o respinti (Herzog 2011) o sulle memorie dei prigionieri dei campi di internamento italiani in Etiopia (Herzog 2012), le trasmissioni dell’Agenzia Amisnet di radio locali e dei programmi radio di Passepartù riservato ai migranti (Coronati e Melot 2011), o le produzioni di musica migrante della collana Roma Forestiera sui nuovi suoni della città e i loro protagonisti curata dal Circolo Gianni Bosio (Istaraniyeri 2012).

Saggi e ricerche. La sezione è dedicata alla riflessione critica e alle ricerche svolte sul lavoro e le attività di AMM, al suo sviluppo nel tempo, i suoi cambiamenti, la sua storia. È aperta a contributi, saggi, interventi, ma anche interpretazioni e dibattiti sul lavoro di testimonianza, di memoria e di auto-rappresentazione dei soggetti migranti in Italia, così come ai risultati di ricerche e indagini sui processi migratori e la loro rappresentazione nella società contemporanea in Italia e all’estero. In questa serie, accessibile sul sito, l’Archivio intende riflettere criticamente sul suo operato, e recepire contributi esterni, sull’opera di conservazione, archiviazione e diffusione di materiali ‘sensibili quali quelli provenienti da rifugiati e richiedenti asilo, soggetti da un lato alla necessaria azione per la tutela del diritto alla riservatezza di ogni soggetto a rischio, e dall’altro alla non minore necessità di comunicare racconti e immagini per ampliare gli orizzonti di conoscenza e sensibilità di un pubblico spesso disattento e disinformato sulla questione migratoria.

Reti, progetti e laboratori di ricerca

Tra i progetti di rete e i laboratori di ricerca sostenuti dall’Archivio sono da evidenziare in particolare le connessioni transculturali e transnazionali che animano alcune recenti iniziative: l’azione avviata dall’Archivio a favore del Museo diffuso delle migrazioni sull’isola di Lampedusa; l’attività di rete condotta insieme all’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA) per reperire la documentazione sulla multiculturalità in atto nel paese; e il progetto di condivisione delle fonti coloniali con gli studiosi e le istituzioni culturali dei paesi già oggetto di amministrazione italiana. I tre progetti, tuttora in fase di elaborazione, riflettono ognuno a loro modo, il tentativo di condividere e ampliare ‘l‘aderenza’ delle fonti audiovisive alla complessità di interpretazione del fenomeno migratorio e della postcolonia nella società contemporanea (De Luna 2004, 110) di cui le auto-narrazioni dei migranti forniscono tracce indispensabili.

Il cantiere di Lampedusa. A Lampedusa, luogo di arrivi e partenze, di occupazioni e di esilii, AMM mantiene dal 2011 un ‘cantiere aperto’ che sostiene azioni di ricerca e avvio di reti a favore dell’isola considerata luogo simbolico e laboratorio di riflessione non solo sui movimenti migratori in corso e sulle regole che tuttora li governano, ma sugli immaginari collettivi che determinano la rappresentazione sulla ‘alterità’ delle ‘genti in cammino’ in un paese come l’Italia con politiche di accoglienza spesso ‘sviate’, in eccesso o difetto, rispetto a quelle, già ristrettive, concordate all’interno della UE. Il ‘cantiere Lampedusa’, iniziato a partire dal film Soltanto il mare girato nel 2010-11 da Yimer e Cederna sull’isola, prevede la raccolta di memorie e testimonianze da parte di migranti sbarcati a Lampedusa e delle loro successive esperienze ‘di ritorno’ sull’isola come persone libere (v. sopra), la collaborazione al progetto di apertura di un Museo diffuso delle migrazioni, e il supporto al Festival estivo di Lampedusa per la parte relativa al cinema migrante. La progettazione del Museo, tuttora in fase di gestazione, avviata in collegamento con l’Associazione Isole (www.associazioneisole.org) e con il Comune di Lampedusa e Linosa, ha preso vita dalla raccolta nella discarica dell’isola da parte dei volontari di Askavusa, un collettivo locale, di reperti, foto e documenti lasciati o tolti ai migranti e abbandonati sul posto (Sferlazzo 2013). Una prima raccolta di testi inter-religiosi e di testimonianze orali di migranti sbarcati a Lampedusa è attualmente in corso di pubblicazione presso l’Editrice Morcelliana (Cacciatore, Mosca Mondadori e Triulzi, in stampa).

Come già fu con i detriti dei Magazzini occupati di Tiburtina che servirono a formulare la prima idea di Archivio di ‘memorie migranti’, gli oggetti d’uso e di affezione dei migranti sbarcati a Lampedusa, insieme ai loro documenti, scritti e testi sacri, sono un formidabile richiamo alla necessità di non disperdere un tale patrimonio pubblico (Gatta e Muzzopappa 2012). Una quarantina di questi reperti sono stati affidati alle cure del Laboratorio di restauro della Biblioteca centrale della regione siciliana a Palermo e temporaneamente esposti in una piccola mostra di ‘oggetti migranti’ allestita in occasione del Festival di Lampedusa nell’estate 2013. All’interno del Festival (di ‘storie, incontri, migrazioni e culture che appartengono al Mediterraneo’) AMM sostiene dal 2011 la sezione dedicata al Cinema delle migrazioni attraverso il sostegno a un premio per il miglior film e la partecipazione di autori e registi di origine migrant e alla giuria coordinata dal regista etiopico Dagmawi Yimer.

La rete di archivi e memorie migranti-RAMM. La Rete, istituita attraverso una convenzione di collaborazione e di scambio stilata con il Circolo Bosio, l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi del Ministero dei Beni Culturali e l’Università di Napoli “L’Orientale” nel dicembre 2012, è parte di una costruzione di reti tra organismi universitari e culturali di base per l’inserimento di dati e testi audio e video relativi ai processi di multiculturalità in atto nel paese, affinché le memorie ‘altre’ conservate in Italia vengono incluse e registrate nella ‘memoria’ pubblica della nazione. Obiettivo della Rete è collegare e mettere in rete realtà affini che si sono affermate in Italia negli ultimi anni spesso collaborando o in associazione con AMM: dal progetto “Storie migranti” portato avanti da Federica Sossi presso l’Università di Bergamo (www.storiemigranti.org) ai materiali raccolti da Gabriele Del Grande per “Fortress Europe” (fortresseurope.blogspot.com) dai documenti audio di “Passepartù” trasmessi dalle reti radiofoniche collegate all’Agenzia Amisnet (www.amisnet.it) alle testimonianze di internati e profughi raccolte sul terreno da Roman Herzog per Audiodoc (www.audiodoc.it). Volontà della rete è raccogliere, mettere insieme e dare senso alla memoria complessiva del fenomeno migratorio, dai frammenti di vite disperse o travolte dagli sbarchi alle varie forme di creatività autobiografica dei migranti e contribuire alla conservazione e diffusione delle immagini in movimento impresse nei telefoni cellulari e nelle pellicole di volontari e filmmaker migranti.

Attraverso la rete, una volta ultimata, e una serie di postazioni di lavoro dedicate, ogni utente potrà avere accesso ai dati condivisi dai singoli istituti, centri e associazioni partecipanti. La Convenzione RAMM è aperta a successive adesioni; le domande di adesione possono essere inoltrate a uno degli Istituti fondatori; il testo della Convenzione è accessibile sui rispettivi siti.

Il progetto Returning and Sharing Memories. In collegamento con la rete RAMM è il tentativo in parallelo di mettere a disposizione di studenti e studiosi dei paesi che in passato sono stati soggetti all’amministrazione di organi di governo dell’Italia (e cioè Albania, Eritrea, Etiopia, Libia, Somalia, Isole del Dodecanneso, e Tienjin in Cina) un portale unico condiviso dove ogni partecipante al progetto, indipendentemente da dove si trovi, possa avere accesso in rete a informazioni, studi e dati audio e video che saranno riversati dai singoli istituti partecipanti. Il progetto “Returning and Sharing Memories (RSM)”, avviato nel 2008 dalla Università di Modena e Reggio Emilia con il concorso dell’associazionismo locale attraverso un semplice ‘call for memory’ rivolto alle famiglie di coloro che avevano soggiornato o vissuto in Etiopia, ha dato frutti insperati portando alla luce carte, documenti, testimonianze e materiale fotografico che, una volta digitalizzato, ha fatto parte dell’iniziale raccolta ed è stato oggetto di donazione a istituzioni culturali in Etiopia (Bertella Farnetti 2013, 7-11). Al progetto di rete, esteso nel 2012 alle Università di Napoli “L’Orientale” e di Addis Abeba, hanno temporaneamente aderito l’Università di RomaTre e l’Archivio Storico LUCE. Sono in corso adesioni da parte albanese ed eritrea. Una volta perfezionato l’atto convenzionale e le modalità di adesione, il portale della rete RSM potrà ospitare in ingresso i materiali provenienti dalle istituzioni e archivi aderenti e darà ai ricercatori italiani e stranieri accesso alle fonti sui periodi traumatici di storia ‘comune’.

L’insieme di iniziative di raccolta di documentazione nel settore degli audiovisivi permetterà di approfondire il lungo e complesso interfaccia della società italiana con l’alterità ‘esterna’ che ormai – da circa un ventennio, per quello che riguarda l’immigrazione, ma assai di più se si includono emigrazione e espansione coloniale – vive, produce e si confronta con la società italiana e con le sue istituzioni continuando ad essere percepita da entrambe come straniera ed estranea per diritto e provenienza di origine. Di tutto ciò l’Archivio delle memorie migranti, attraverso i suoi video, racconti e testimonianze ‘migranti’ vuole lasciare traccia ricordando alla società civile e alle istituzioni dello Stato l’enorme lavoro di interazione culturale e di condivisione che ancora aspetta, e deve precedere, il sentimento di appartenenza comune. Su questi temi e prospettive AMM intende essere presente nelle scuole, nelle Università e in eventi pubblici attraverso proiezioni e dibattiti, seminari di riflessione, e incontri sulla memoria che coinvolgano e vedano partecipi migranti, rifugiati e immigrati di seconda generazione nati e cresciuti in Italia ma non ancora riconosciuti come cittadini.

Biografia

Alessandro Triulzi ha insegnato Storia dell’Africa Subsahariana e coordinato il Dottorato di ricerca di Africanistica presso l’Università di Napoli “L’Orientale” (1995-2011). Ha svolto ricerche sul terreno in Ghana, Etiopia e Sudafrica. Dal 2008 si interessa di tematiche relative all’immigrazione. È tra i fondatori dell’Archivio delle memorie migranti. Recenti pubblicazioni: Dopo la violenza. Costruzioni di memoria nel mondo contemporaneo (cur., L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2005); Il ritorno della memoria coloniale (dossier “afriche e orienti” 1, 2007). Come un uomo sulla terra (DVD + volume dall’omonimo film, con Marco Carsetti cur., L’Infinito Ed., Roma 2009); Long Journeys. African Migrants on the Road (con Robert McKenzie, cur., Brill, Leiden 2013).

Bibliografia

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2013 Grooving Lampedusa. Un foto-racconto, in
www.archiviomemoriemigranti.net

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2009 Returning and Sharing Memories. Genesi e sviluppo di un progetto per l’uso del “passato comune” italo-etiope (1935-1941), Materiali di discussione, Università di Modena e Reggio Emilia.

Bertella Farnetti P, Mignemi A., Triulzi A. (cur.)
2013 L’Impero nel cassetto. L’Italia coloniale tra album privati e archivi pubblici, Milano, Mimesis.

Borella G., Carsetti M., Mammarella C. (cur.)
2010 Geografie extravaganti. Luoghi e percorsi della migrazione, Roma, Asinitas.

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2009 Il tempo dell’arrivo, “Lo straniero” n. 107, maggio.

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2004 La passione e la ragione. Il mestiere dello storico contemporaneo, Milano, Bruno Mondadori.

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2012 Middle Passages. Musealizzazione e soggettività a Bristol e Lampedusa, in “Estetica. Studi e ricerche”, n. 1.

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1988 Jean Rouch e il cinema del contatto, Roma, Bulzoni.

Herzog R.
2011 “Non te la prendere se non ce l’hai fatta”, Roma, Audiodoc, in collaborazione con Asinitas/AMM, in
www.archiviomemoriemigranti.net

2012 “Stavo cercando le corna e la coda ma non le avevano”. Guerra, deportazione e campi durante l’impero fascista in Etiopia, CD, Roma, Audiodoc.

Moraldi S.
2013 Decolonizzazione, de-gerarchizzazione, condivisione. Pratiche e forme di video partecipativo in Italia tra etnografia e partecipazione, in De Franceschi L. (cur.) Per una controstoria postcoloniale del cinema italiano, Roma, Aracne ed.

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c.s. Bibbia e Corano e Lampedusa, Brescia, Ed. Morcelliana.

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2012 Istaraniyeri. Musiche migranti a Roma, CD, Roma, Circolo G. Bosio.

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1999 La double absence, Paris, Seuil, trad. it. La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Milano, Raffaele Cortina.

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2009 Ascoltare, “Lo straniero” n. 107, maggio.

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2009 “La distribuzione civile e le testimonianze di base”, in Carsetti M., Triulzi A. (cur.) Come un uomo sulla terra (Dvd + libro), Castel Gandolfo, Infinito ed.

Sferlazzo G.
2012 “Con gli oggetti”, in www.askavusa.wordpress.com/conglioggetti

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2007 Ascoltare voci migranti: riflessioni intorno alle memorie di rifugiati dal Corno d’Africa, “afriche e orienti” n. 1.

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2009 Il cerchio e la scuola, “Lo straniero” n. 107, maggio.

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2013 Listening and archiving migrant voices. How it all began, in Engel U., Ramos M.J. (eds) African Dynamics in a Multipolar World, Leiden, Brill, pp. 51-66.

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2011 Il sapore della libertà, in Chelati Dirar U., Palma S., Triulzi A., Volterra A. (cur.) Colonia e postcolonia come spazi diasporici. Attraversamenti di memorie, identità e confini nel Corno d’Africa, Roma, Carocci, pp. 273-297.

Yimer, D.
2011 Da Addis Abeba a Lampedusa. Cronaca di un viaggio, in Chelati Dirar U., Palma S., Triulzi A., Volterra A. (cur.) Colonia e postcolonia come spazi diasporici. Attraversamenti di memorie, identità e confini nel Corno d’Africa, Roma, Carocci, pp. 335-352.

Siti consigliati

Associazione Archivio delle memorie migranti
www.archiviomemoriemigrant i.net
www.va-pensiero.org

Associazione/Collettivo Askavusa
askavusa.blogspot .com
askavusa.wordpress.com

Associazione Asinitas Onlus, Centri interculturali per migranti
www.asinit as.org

Associazione Isole, Palermo
www.associazioneisole.org
www.progettoisole.org

Associazione audio documentaristi
www.audiodoc.it

Memorie coloniali. Returning and Sharing Memories
www.memoriecoloniali.org

Amisnet, agenzia radiofonica indipendente per l’informazione sociale
Amisnet.org

San Basilio Calling

Obiettivi:

contrastare ogni forma di discriminazione tra studenti favorendo l’interazione e l’interculturalità nella scuola, in quanto prima frontiera di accoglienza e incontro multiculturale.

Roma – febbraio – maggio 2019 Istituto Comprensivo Via Belforte del Chienti – “F. Fellini” Progetto: “San Basilio Calling” (con Circolo Gianni Bosio, Chroma) Bando: Otto per mille valdese Laboratorio: “San Basilio Calling” Durata: 24 ore Destinatari: studenti delle classi I A, B e D (secondarie inferiori)

 

Progetto DIMMI

Ariccia – novembre 2018 – marzo 2019 Liceo Classico Statale “James Joyce Progetto: DIMMI (link) Laboratorio: “Oltre i muri. Autonarrazioni da dentro e da fuori” – Progetto DIMMI Durata: 16 ore Destinatari: studenti della classe II LC e III LB.

 

Obiettivi specifici:

• Contribuire alla diffusione di buone pratiche di educazione interculturale attraverso il coinvolgimento diretto di migranti di prima e seconda generazione e il ricorso a forme di autonarrazione.
• Elaborare assieme agli studenti percorsi di riflessione condivisi sulle tematiche sollevate nel corso degli incontri. • Favorire con il supporto della multimedialità, della didattica ludica e dei social network l’acquisizione di informazioni più consapevoli a partire dai dati reali e dal confronto diretto e personale con le storie e i protagonisti di percorsi migratori.
• Condividere e analizzare l’importanza del racconto autobiografico e di storie di vita nella società contemporanea come strumenti per la conoscenza di sé e lo sviluppo delle capacità empatiche dell’individuo.
• Favorire l’acquisizione di strumenti (cognitivi e operativi) per la lettura critica delle rappresentazioni di sé e dell’altro, delle immagini, degli stereotipi, dei pregiudizi sedimentati nel proprio immaginario o sollecitati dalle rappresentazioni mediatiche.

 

Metodologia e strumenti

La metodologia di AMM si fonda sull’incontro faccia a faccia tra persone che hanno qualcosa di diverso da raccontare e da ascoltare. Studenti italiani figli di italiani, figli di stranieri, migranti arrivati da poco, migranti che vivono in questo paese da decenni e che si incontrano in classe, incrociano i loro sguardi e le loro storie. Il progetto pone al centro della sua azione l’importanza della proliferazione di punti di vista molteplici. Enfatizza il metodo partecipativo e la condivisione nel racconto delle storie di vita, nella loro produzione, i punti di vista da cui sono raccontate, la loro circolazione. Le attività di formazione e laboratoriali saranno stimolate dalla fruizione dei materiali raccolti e elaborati dall’Archivio, e comprenderanno testi scritti, presentazioni orali, role plays e drammatizzazioni, cerchi narrativi, mappe mentali, storytelling, ecc. Particolare rilievo verrà dato al kit didattico Va’ Pensiero. Storie ambulanti: Percorsi di antirazzismo in classe realizzato da AMM con Giunti Scuola. Altri materiali didattici proposti dal progetto alle scuole sono, ad esempio: a) Benvenuti in Italia, un film a episodi realizzato da 5 giovani rifugiati in diverse città italiane; b) To whom it may concern, un cortometraggio realizzato a Lampedusa dal giornalista somalo Zakaria Mohamed Ali; c) Grooving Lampedusa, prodotto multimedia di Mario Badagliacca. d) La storymap Ritorno a Lampedusa di Mahamed Aman. Le molteplici competenze che l’Archivio è in grado di attivare rendono possibile un’estrema flessibilità nella realizzazione degli interventi in classe. A seguito di un contatto da parte delle scuole o dei singoli docenti, è previsto sempre un incontro con gli operatori AMM per definire necessità specifiche, modalità e tempi di svolgimento dei laboratori. È possibile prevedere percorsi laboratoriali extra-curriculari o incontri che si inseriscano all’interno di una programmazione didattica già stabilita.

 

Materiali:

– DiMMi di storie migranti. Materiali e spunti didattici. Il testo presenta una serie di proposte didattiche a partire dai racconti raccolti nell’ambito del progetto DiMMi. Richiedete qui il pdf.
 
– Il nostro diario di bordo. Dall’ottobre 2016 Il gruppo scuola di AMM curerà un blog bimestrale sulla rivista SESAMO di GIUNTI Scuola. Sarà un modo per rielaborare e raccontare le esperienze in classe, mettendo a confronto le nostre metodologie. Seguiteci qui.
 
Roma – febbraio – maggio 2019, Istituto Comprensivo Via Belforte del Chienti – “F. Fellini” Progetto: “San Basilio Calling” (con Circolo Gianni Bosio, Chroma). Bando: Otto per mille valdese Laboratorio: “San Basilio Calling” Durata: 24 ore Destinatari: studenti delle classi I A, B e D (secondarie inferiori)
 

 

Per informazioni sui progetti di AMM nelle scuole

scrivete a: Monica Bandella – monica.bandella@gmail.com

Futura memoria

di Susanna Guerini

Articolo pubblicato nella rivista AM-Antropologia Museale, n. 37/39, 2015-2016.
Scarica qui il testo in pdf.

Quando sono arrivato in Italia, pensavo che avrei dimenticato tutto ciò,
ma poi insieme abbiamo capito che bisognava raccontare.
Dagmawi Yimer, dal documentario Come un uomo sulla terra (2008)

Per una storia del presente
È possibile parlare oggi in Italia di “comunità patrimoniali migranti”[1]? In riferimento a quali eredità culturali? Se vi fosse un processo di patrimonializzazione delle esperienze che accompagnano i processi migratori nell’Italia del presente, oggetto della presente riflessione, chi sono i suoi ‘promotori’? Sotto quali forme le tracce salvaguardate assumono un valore collettivo? Le convenzioni sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (in particolare Faro 2005; UNESCO 2003) e il Codice dei Beni Culturali sembrano descrivere un concetto di cultural heritage proveniente dal passato[2], ma è possibile costituire un patrimonio culturale a partire dal presente?
L’anno zero della trasformazione dell’Italia in paese di immigrazione è generalmente fatto risalire al 1991, quando navi come la Vlora riversarono sul territorio italiano un’alterità culturale e corporea che creò uno shock e un cambiamento radicale nella percezione e nella rappresentazione socio-culturale dei migranti. Tuttavia l’immigrazione assume rilevanza fin dai primi anni Settanta[3], si tratta perciò di un fenomeno datato già oggi etichettabile come “eredità culturale”, il quale rende la società italiana, parafrasando Anderson (2003), una “comunità immaginata multiculturale”. Una presa di coscienza collettiva che tuttavia comincia a percepirsi solo negli ultimi anni, e che forse i primi processi di patrimonializzazione qui descritti potrebbero prefigurare[4]. Consapevolezza che però necessita comprensione, dunque conoscenza e riflessione a partire da un possibile patrimonio culturale che rappresenti i processi migratori, in una prospettiva di superamento della rappresentazione del migrante “per difetto” o “per eccesso” (Sayad 1999).
Fenomeno costantemente rappresentato come straordinario, la migrazione in Italia sembra non trovare spazio in una memoria storica e culturale pubblica, luogo di riflessione in cui “fermare” lo scorrere del tempo. È interessante la considerazione del presidente dell’associazione Kel ‘Lam onlus di Roma Ndjock Ngana, che ha collaborato con il Museo Pigorini in diversi progetti di mediazione museale, quando definisce il contesto italiano “speciale” a causa della condizione di perpetua emergenza in cui vivono i migranti che vi risiedono, costretti ad abbandonare la “capacità di sviluppo di un lavoro culturale e identitario”[5] (Munapé 2012: 51).
La costruzione di una memoria sottoforma di patrimonio culturale da salvaguardare è un processo, lo sanno bene gli antropologi del patrimonio, tutt’altro che neutrale (Palumbo 2011); le implicazioni politiche, economiche, sociali e culturali sono molteplici, complesse ed imprevedibili, e forse diventano ancora più complicate quando gli elementi da salvaguardare hanno a che fare con un tema attuale ‘caldo’, ricco di retoriche estremizzate e oggetto di ferventi dibattiti.
Il presente contributo vuole essere una breve, e non esaustiva, rassegna di cosa sta avvenendo oggi in Italia nel campo della patrimonializzazione dei processi migratori. Verranno considerati alcuni casi in cui è esplicita la volontà di conservare un patrimonio culturale originato nell’immediato presente da tramandare alle generazioni future. “Patrimoni migranti” costituiti da “voci” e storie che diventano fonti orali archiviabili (Simonicca 2013). Un patrimonio da formare e dal quale partire per costruire nuove comunità, in una prospettiva di antropologia dialogica che vede i soggetti coinvolti come testimoni ma innanzitutto come soggetti interpretanti con i quali lo studioso dovrebbe, appunto, dialogare.
L’analisi dei casi verrà affrontata a partire da un particolare posizionamento rispetto alla tematica, legato alla mia esperienza diretta nel campo della conservazione delle memorie migranti all’interno dell’associazione culturale Archivio delle memorie migranti (AMM).

Archiviare memorie migranti
Da tre anni faccio parte del gruppo di lavoro di AMM, che dal 2012 si adopera nel territorio italiano, in particolare a Roma dove ha la sua sede, ma anche internazionale, per raccontare la migrazione attraverso il punto di vista delle persone che l’hanno vissuta, in un percorso difficile ma condiviso di ricerca e di azione critica sui processi di rappresentazione e di narrazione di questa esperienza, che vede attivi sia italiani sia migranti. In questa prospettiva narrazioni audiovisive, scritte o dialogiche sono raccolte e conservate come elementi di una “archiviazione dinamica di questo pezzo di storia del presente”, che aiutano a costituire “nuove griglie interpretative, strumenti di comprensione per una realtà di attraversamenti” (Triulzi 2012). Tracce che raccontano il presente e che vengono registrate nel momento stesso in cui vengono agite[6], per divenire oggetto di riflessione teorica e di condivisione. Cosicché, il processo di archiviazione di tracce del presente esperite attraverso film, interviste, immagini o testi, si trasforma in un’attività funzionale alla loro salvaguardia e trasmissione.
La nascita dell’associazione risale all’esperienza maturata nella scuola di italiano per migranti, richiedenti asilo e rifugiati Asinitas, nella quale un gruppo di lavoro composto da volontari e studenti ha cominciato a raccogliere alcune storie di viaggio e di vita, in particolare attraverso video-interviste e laboratori di video partecipativo[7]. Gli esperimenti di autonarrazione e i laboratori audiovisivi sono divenuti occasioni importanti per ripensare l’esperienza migratoria e le condizioni di vita dei migranti in Italia; dal 2012 il gruppo ha deciso così di proseguire autonomamente questo percorso. Fu con un laboratorio di video partecipativo che nacque il primo film di AMM Benvenuti in Italia (2012), un documentario composto da cinque cortometraggi, in cui i protagonisti, migranti dislocati in cinque città italiane, vengono seguiti dai registi, anch’essi di origine migrante, in alcuni momenti delle loro giornate e in situazioni particolari della loro esistenza[8].
Tra i mezzi di narrazione privilegiati dall’associazione vi è innanzitutto il cinema documentario, inteso come linguaggio multivocale e alla ‘portata di tutti’, mezzo efficace di narrazione autoriale e di autorappresentazione capace di trasmettere idee, desideri e visioni del mondo dei suoi autori, in questo caso persone che hanno vissuto l’esperienza della migrazione. I documentari sono concepiti come “costrutti autoriali” (Faeta 2003) e spazi in cui l’esperienza viene raccontata dall’autore/regista a qualcuno (Jedlowski 2009).
Il gruppo si costituisce così come “comunità di pratica” (Wenger 2006) che persegue obiettivi comuni da punti di vista differenti. Inizialmente si volevano sostenere e valorizzare le forti esigenze di raccontare[9] e di condividere[10] il vissuto dei richiedenti asilo in Italia e le esperienze di viaggio dei rifugiati politici, ma questa esigenza si è poi trasformata nella voglia di raccontare altro: contro-storie dissonanti in opposizione alla violenza delle politiche e delle retoriche nazionaliste e razziste, storie di incontri tra persone dislocate. La patrimonializzazione stessa di queste memorie diventa un preciso atto e posizionamento politico.
Questa stessa volontà politica è alla base del progetto RAMM – Rete di Archivi Memorie e Migrazioni, di cui AMM è promotrice insieme al Circolo Gianni Bosio, l’Università di Napoli “L’Orientale” e l’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA). Da una parte due associazioni impegnate nella raccolta di “tracce migranti”[11]; dall’altra due istituzioni nazionali di ricerca scientifica e di tutela dei beni culturali. Le quattro realtà si propongono come punto di riferimento per chiunque voglia condividere e rendere accessibile al pubblico testi, film, storie di vita legati all’esperienza della migrazione[12]. Obiettivo principale della collaborazione è quello di promuovere un’attività di rete per “la raccolta, la produzione e l’archiviazione di fonti sulle nuove culture della società italiana contemporanea, con adeguato supporto tecnico-scientifico ai fini di tutela e valorizzazione del patrimonio di memorie ‘altre’ come parte della memoria multiculturale del Paese” (Accordo di collaborazione RAMM 2015).
Il significato di questa operazione è principalmente quello di inserire nella memoria dello Stato contronarrazioni, storie di subalternità oscurate dalla comunicazione massmediatica, racconti di persone che si muovono anche contro le politiche e la violenza degli Stati. È l’inserimento di uno spazio critico fatto di memorie storiche discrepanti e trans-nazionali all’interno del discorso nazionalistico che tradizionalmente vede il patrimonio culturale come un segno identitario omogeneo.
Un altro caso interessante di archiviazione di memorie e racconti dei processi migratori è il sito web storiemigranti.org coordinato da Federica Sossi. Il gruppo promotore di questo tipo di salvaguardia è la comunità scientifica, composta da docenti universitari, ricercatori e dottorandi di varie discipline che vogliono rivolgersi in particolare al mondo scientifico. Si tratta di un archivio digitale che parte anche in questo caso dal racconto autobiografico o partecipativo della migrazione. “Una storia delle migrazioni attraverso i racconti dei migranti”. Così viene descritto il progetto nella homepage del sito di archiviazione: “Storie Migranti è un archivio di storie di migrazione, una storia del nostro presente attraverso i racconti dei/delle migranti. Non un sito di dibattito sulle migrazioni ma un luogo in cui depositare esperienze dirette di migrazione. La redazione è impegnata nella raccolta di questi racconti e nella loro diffusione”. Un archivio digitale che raccoglie interviste, immagini e video, racconti narrati in prima persona o attraverso la voce dei redattori, e raggruppati in base al continente in cui le storie sono state raccolte[13].
Anche l’Archivio Diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano negli ultimi anni ha cominciato ad aggiungere alle sue autobiografie alcuni “diari migranti”. In particolare con i progetti Culture in movimento. Storia e memoria dei nativi e dei migranti, nato nel 2000 da occasioni di confronto sui temi della memoria, della storia, della scrittura e della parola; e Voci migranti, un percorso avviato nel 2009 che aveva l’obiettivo di aprire lo storico archivio a nuovi linguaggi, intesi sia come voci provenienti da contesti storici e culturali altri rispetto all’Italia, sia come mezzi di espressione e di narrazione alternativi alla scrittura, nel rispetto degli obiettivi fondativi dell’archivio, ovvero l’auto-narrazione e la biografia. È da questi due percorsi paralleli che nel 2014 è nata l’idea di un fondo speciale dedicato esclusivamente ai racconti autobiografici di persone di origine “non italiana” sottoforma di video, immagini, audio, cartoline, perfino Power Point. Si tratta del progetto DIMMI – Diari Multimediali Migranti, finanziato dalla Regione Toscana, che attualmente è in corso di rielaborazione e che in futuro vorrebbe allargarsi a tutto il territorio nazionale.

Esperienze museali
A Camigliatello Silano in provincia di Cosenza è stato inaugurato nel 2005 il museo La Nave della Sila. Un “Museo Narrante” dedicato all’emigrazione calabrese, che attra- verso l’allestimento ha voluto creare un legame con l’immigrazione di oggi. Con l’apertura della sezione “Mare Madre”, allestita in un container esterno alla struttura museale, il pubblico può “immergersi” in un racconto audiovisivo fatto di voci ed immagini che presentano alcuni aspetti storici dell’immigrazione in Italia, attraverso il punto di vista dei migranti. La storia inizia l’8 agosto 1991, quando la nave Vlora approda al porto di Bari, e prosegue con alcuni estratti del film Come un uomo sulla terra (Biadene – Segre – Yimer 2008), immagini girate dalla Guardia Costiera e alcuni video della RAI, uniti in un’unica installazione audiovisiva guidata dalla voce dello scrittore Erri De Luca, da voci mescolate di migranti, dal racconto di Dagmawi Yimer. Un’installazione immersiva che si concentra sull’aspetto tragico della migrazione, quella dei viaggi attraverso il deserto e il mare, dei CIE e dei campi di Rosarno.
Un’altra realtà museale che ha affrontato il tema, anche in questo caso collegando l’emigrazione italiana all’immigrazione odierna in una continuità storica apparentemente unica ed universale, à il Galata Museo del Mare di Genova. La migrazione di cittadini di origine straniera, in una sezione aperta nel giugno del 2016 intitolata “Italiano sono anch’io”, viene raccontata attraverso dati, interviste e testimonianze, con l’intento di sfatare e superare alcuni luoghi comuni che si coagulano intorno al tema a partire da definizioni teoriche e temi chiave[14]. Lo staff del museo ha inoltre raccolto alcune video-interviste fatte a cittadini immigrati residenti a Genova, e conservate in un archivio intitolato “Memoria Migrante”. Seppure il tentativo dichiarato sia quello di “avere racconti in prima persona”, emerge prevalentemente il punto di vista dei ‘non migranti’, uno sguardo esterno al fenomeno nel quale gli intervistati rispondono a domande standardizzate con risposte altrettanto convenzionali[15].

Lampedusa
L’idea di creare uno spazio museale/espositivo dove radunare gli “oggetti dei migranti” arrivati dal mare o finiti nella discarica di Lampedusa è nata dalle sperimentazioni dell’artista locale Giacomo Sferlazzo nel 2005[16]. Il progetto si rafforza con la formazione del collettivo Askavusa, nato nel 2009 per opporsi all’apertura di un CIE e contro la militarizzazione dell’isola, con l’iniziale collaborazione del Comune di Lampedusa e Linosa e altre realtà nazionali ed europee attive nel campo della migrazione. Una prima esposizione dei materiali si è avuta nel 2013 con la mostra Con gli oggetti dei migranti, nell’ambito del progetto “Museo e centro di documentazione sulle migrazioni a Lampedusa” avviato in collaborazione con altre realtà, tra cui l’Associazione Isole, l’Archivio delle memorie migranti e il Comune di Lampedusa (Mosca Mondadori – Cacciatore – Triulzi 2014; Gatta – Muzzopappa 2013). Oggi, in seguito a una riflessione interna al gruppo che ha portato all’interruzione di quel progetto[17], gli oggetti sono raccolti in PortoM, uno spazio espositivo gestito autonomamente dal collettivo Askavusa, il quale si è dichiarato contrario a qualsiasi genere di allestimento museale ufficiale che preveda catalogazione, restauro e conservazione degli “oggetti dei migranti”. Unico obiettivo del gruppo è quello di esporre gli oggetti, affidandoli ad una lettura filtrata dallo sguardo e dall’esperienza artistica. Infatti una parte di PortoM è dedicata ed aperta ad artisti, che possono intervenire su alcuni “oggetti dei migranti” raccolti per creare, riassemblandoli in nuove forme, opere d’arte. Fotografie, legni delle barche, documenti, pagine di bibbie e corani sono trasformati in opere autoriali che finiscono per parlare molto dell’artista che le ha create e meno delle persone che un tempo possedevano quegli oggetti.
In un percorso diametralmente opposto rispetto al progetto dell’associazione Askavusa, la recente esposizione intitolata Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo[18] è stata sostenuta da MiBACT, Regione Sicilia e Comune di Lampedusa e Linosa da una parte, e da Comitato 3 ottobre[19], associazione First Social Life e Fondazione Falcone dall’altra. La mostra, inaugurata in pompa magna dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha esposto un patrimonio culturale di beni storico artistici ed archeologici, prestati da istituzioni museali quali gli Uffizi, il Museo del Bardo di Tunisi e il Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo di Marsiglia, affiancato ad alcuni oggetti dei migranti recuperati dalle forze dell’ordine. Il progetto espositivo descrive la “Cultura”, intesa nella sua accezione di Belle Arti, come un “elemento essenziale per diffondere i valori della tolleranza, del dialogo e della comprensione reciproca”[20], finendo per riproporre la stessa ideologia e rappresentazione mainstream che guarda ai processi migratori come percorsi desoggettivati.

Riflessioni
Se è vero che il patrimonio culturale è uno spazio politico (Palumbo 2009; 2011) e una sfida per la formazione delle identità (Skounti 2011), il riconoscimento e la salvaguardia di un ‘patrimonio culturale migrante’, che parla di spaesamento, di migrazione come “fatto sociale totale” (Sayad 1999), di controstorie transnazionali, rappresenta una sfida sia culturale sia politica; vuol dire riconoscere finalmente l’esistenza di comunità migranti, anche diasporiche, attive e con obiettivi eterogenei, prospettive e proiezioni verso il futuro, che vivono entro specifici spazi locali, ma allo stesso tempo li superano grazie a panorami immaginativi globali (Appadurai 2012). Si tratta di un patrimonio culturale che sembra creare un cortocircuito epistemologico all’interno della memoria storica e culturale nazionale e nelle politiche di salvaguardia ufficiali, che desoggettivizzano e appiattiscono i soggetti ‘altri’ in identità omogenee.
Tuttavia i rischi di essenzializzazione nei processi di patrimonializzazione sono ineludibili (Palumbo 2009). Inoltre, ci si può chiedere quanto sia alto il rischio di spegnere, metaforicamente, la ‘scintilla illuminante’ che accompagna storie alternative e contro-narrazioni quando vengono fissate in un riconosciuto e pubblico patrimonio culturale. Certamente è un rischio da non sottovalutare, che richiede un posizionamento teorico, metodologico e d’azione chiaro dal quale partire. L’auspicio è che si cominci da uno spazio dialogico in cui persone che hanno vissuto in prima persona la migrazione possano autorappresentarsi ridando senso alle proprie esperienze[21].
Dovrebbe essere chiaro che lo scopo di questi processi di patrimonializzazione non è solamente quello di ricordare e di trasmettere ricordi alle future generazioni. Nel caso di AMM lo scopo della raccolta è anche e soprattutto quello di riflettere e comprendere il presente e l’effetto che la migrazione ha sulla vita delle persone, in uno spazio di dialogo condiviso e partecipato.
Le esperienze qui presentate parlano soprattutto di collaborazioni. Non solo comunità di migranti ma anche gruppi di persone, con un alto livello di preparazione teorica, che ‘accompagnano’ e ‘traducono’ questi nuovi percorsi. Prevalentemente antropologi, storici, sociologi e psicologi impegnati in metodi innovativi, sia dal punto di vista tecnico sia metodologico, per conservare tracce del presente da trasformare in una Storia per i posteri. Metodi che possano restituire tracce di esperienze, posizionamenti soggettivi e di ricerca di senso nei luoghi di oggi. Storie di persone, di punti di vista “altri”, nati da esperienze dirette o dalla creazione di nuovi spazi di incontro, riuniti in ar- chivi multimediali o in esposizioni museali[22].
Ci sono spinte di patrimonializzazione “dal basso”, di migranti che vogliono raccontar(si), con la consapevolezza del peso e della responsabilità che l’atto stesso della testimonianza incorpora in sé; oppure di associazioni di volontariato e di indagine sociale e culturale, composte da ricercatori, studiosi e operatori sociali che cercano di creare spazi di condivisione. Ci sono poi spinte “dall’alto”, percorsi forzati legati a élite e gruppi influenti, che si chiudono in monologhi distaccati dalle comunità interessate, rafforzando in tal modo luoghi comuni e stereotipi sul tema. Discorsi che troppo spesso vengono supportati dalle istituzioni, trasformandosi nella rappresentazione mainstream dell’immigrazione in Italia. Forse un percorso di mediazione percorribile potrebbe essere quello intrapreso con il progetto RAMM.
Si tratta di percorsi in cui è oramai riconosciuta l’esistenza di comunità di persone che si muovono non solo come corpi e “forza lavoro”, ma con nomi, storie, pensieri, progetti, “oggetti d’affezione”; un patrimonio che si sente l’esigenza di tramandare alle “comunità d’eredità” future.

Riferimenti bibliografici
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Sitografia
www.archiviomemoriemigranti.net
archiviodiari.org
askavusa.wordpress.com
www.storiemigranti.org
vocimigranti.blogspot.it
www.memoriaemigrazioni.it

Note
[1] Il presente contributo prenderà in considerazione solamente casi di patrimonializzazione che riguardano i processi di immigrazione in Italia, tuttavia si utilizzerà prevalentemente il termine “migrazione” al fine di svincolarla da riferimenti spaziali precisi.

[2] “L’eredità culturale (cultural heritage) è un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano […] come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel tempo tra popolazioni e luoghi” art. 2 comma a (Faro 2005); il Codice dei Beni Culturali e paesaggistici (2008) inserisce tra le “cose” oggetto di specifica tutela “le fotografie […] gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, […], la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni”, Art. 11 comma f. [corsivo mio].

[3] Per una storia della migrazione in Italia si veda Corti – Sanfilippo 2009; Pugliese 2006.

[4] Nel 2010 la rivista “Nuova Museologia” ha dedicato un numero al tema “Musei dell’immigrazione e dell’emigrazione”, nel quale si evidenzia come in Italia vi sia una “confusione fra musei veri e propri e centri di documentazione dotati di collezioni”. I musei italiani dedicati alla storia delle migrazioni sono descritti come “una tipologia recente ancora fortemente dinamica, perciò esistono molte iniziative annunciate ma non del tutto operative” (Maggi 2010: 1).

[5] Nello stesso contributo, Ngana riflette sul significato che in Italia assumono i concetti di “diaspora” e di “comunità migrante”, proponendo una differenziazione che vede la prima comunità costituita da gruppi organizzati in prospettive comuni, l’altra frammentata in uno “sparpagliamento di persone-individui privi di forza” e “in cerca di sistemazione” (cfr Munapé 2012: 51).

[6] Un esempio di questo tipo di azione è stato realizzato con il progetto Cantiere Lampedusa, il ritorno sull’isola dopo qualche anno dallo sbarco di alcuni membri di AMM viene filmato e fotografato per essere consapevolmente fissato nel momento stesso in cui avviene. Dal progetto sono nati due documentari, un foto-racconto e una mappa interattiva (cfr http:// archiviomemoriemigranti.net/ focus).

[7] Il video partecipativo, che vede tra i suoi pionieri il collaborative video di Robert Flaherty e soprattutto il cinéma vérité di Jean Rouch, è una pratica oggi sempre più diffusa da associazioni che operano nel settore della promozione sociale e culturale. Strumento di empowerment sociale e di auto-narrazione, il video partecipativo ha come scopo principale il cambiamento sociale e l’auto- rappresentazione di comunità periferiche e marginalizzate. Per un approfondimento sulla storia e la metodologia del video partecipativo si vedano in particolare Worth – Adair 1972; Balma Tivola 2014; Marano 2007; Collizzolli 2009.

[8] Per la storia e le attività svolte dall’associazione si veda Triulzi 2012; 2014.

[9] Durante una mia intervista a Dagmawi Yimer, egli sostiene di voler “usare la telecamera per poter raccontare”. Il suo percorso di avvicinamento al cinema, con qualche sporadico episodio di videoriprese in Etiopia ma giunto a compimento in Italia, è nato da un’esigenza che egli racconta così: “Prima della passione [per il cinema], c’era l’esigenza di usare quello strumento [la telecamera]. L’esigenza di raccontare. L’esigenza di dire le cose nostre, no? Dell’immigrazione” (Verona, 12.10.2013 in Guerini 2013).

[10] In un’intervista in cui domando a Zakaria Mohamed Ali qual è il significato che attribuisce al racconto egli spiega: “Per me raccontare significa rendere visibile. Rendere visibile e dire a tutti. […] rendere visibili le motivazioni per cui scappiamo, la realtà […] Quando hai delle cose che tieni nel buio, dentro di te, non hai niente. Quando invece le tiri fuori… fa bene parlare no? Dire quello che si pensa. Come se ti stai togliendo qualcosa che hai dentro, sulla tua pelle… qualcosa che ti rimarrà per sempre, ma che cerchi di condividere”. (Roma, 20.12.2013 in Guerini 2013).

[11] Il Circolo Gianni Bosio in particolare con il progetto “Roma Forestiera”, sulle musiche dei migranti in Italia.

[12] I materiali saranno depositati presso l’ICBSA, secondo una convenzione tra i partner, nella quale sono stabiliti criteri di accessibilità che hanno l’obiettivo di tutelare i testimoni delle narrazioni, in certi casi richiedenti asilo o migranti privi di documenti.

[13] Il sito raccoglie storie a partire dal 2007; attualmente risulta essere fermo al 2015 (www.storiemigranti.org).

[14] Il percorso è scandito da: “Storie di popoli in fuga”, “I nuovi italiani a scuola”, “Genova, in un giorno”, “La casa e la famiglia”, “Cucina e la migrazione del gusto”.

[15] Una sperimentazione innovativa nelle sue premesse e obiettivi, che si avvicina ai casi qui analizzati, è quella avviata dal Museo Pigorini con il progetto europeo READ-ME. Il museo ha coinvolto alcune associazioni romane di cittadini di origine migrante per ripensare le proprie collezioni in chiave dialogica e in una prospettiva di audience development. I migranti, pensati come “comunità della diaspora”, hanno “filtrato” gli oggetti del museo attraverso il loro sguardo soggettivo e la loro esperienza biografica, all’interno di un museo pensato come “zona di contatto” in cui “le diaspore possono trovare aggregazione ed espressione” (cfr. Munapé 2012). Parte di questa esperienza è poi confluita nel progetto “Al museo con… Patrimoni narrati per musei accoglienti”. Similarmente, la Pinacoteca di Brera ha cercato nuovi modi di comunicare le proprie collezioni in una prospettiva interculturale.

[16] Sul blog del collettivo Askavusa, Giacomo Sferlazzo ha tracciato un resoconto delle tappe che hanno portato allo spazio espositivo attuale. Si veda https:// askavusa.wordpress.com/con- gli-oggetti/

[17] Il percorso che ha portato il collettivo a rinunciare a qualsiasi tipo di collaborazione è legato all’interpretazione che il gruppo attribuisce all’istituzione museale. Il museo e le sue pratiche sono viste unicamente come “trappola” per gli oggetti, il quale li sottrae alla trasformazione che è loro connaturata. Per Askavusa il semplice gesto di “salvare” questi oggetti dalla distruzione coincide con una forma di conservazione e di memoria. Per un’analisi critica in chiave antropologica e dall’interno di questa frattura (cfr. Gatta 2016).

[18] Al centro dell’attenzione mediatica “l’Amorino dormiente” dipinto a Malta da Caravaggio, a ricordare le morti in mare di bambini “come Aylan”.

[19] Il Comitato del 3 ottobre è nato in seguito al naufragio del 2013 nel quale morirono 368 persone, prevalentemente eritrei; mirava all’istituzione di una “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza”, poi riconosciuta in Senato nel marzo del 2016, come momento di commemorazione e di riflessione sul fenomeno della migrazione.

[20] Il progetto è descritto sul sito della Direzione generale Musei del MiBACT http://musei.beniculturali.it/ attivita/progetti.

[21] Spazi di auto- rappresentazione sono nati nella letteratura cosiddetta migrante, e negli ultimi anni anche nel cinema, nella fotografia e nell’arte più in generale. In questa stessa prospettiva la creazione di un patrimonio culturale migrante potrebbe forse diventare un nuovo spazio di posizionamento politico e culturale.

[22] Recentemente, e come conseguenza degli imponenti arrivi di richiedenti asilo che giungono in Europa passando per l’Italia, sembra che qualcosa si stia muovendo negli interstizi delle istituzioni nazionali verso azioni di informazione e sensibilizzazione sul tema. In questo senso sono nati alcuni bandi come il “MigrArti” per il cinema e lo spettacolo dal vivo del MiBACT e diversi progetti del MIUR per favorire percorsi di educazione interculturale nelle scuole.

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Collaborazioni

Le collaborazioni avviate nel corso degli anni con Associazioni culturali, Fondazioni e Onlus ci hanno consentito di accumulare esperienze e professionalità e di sostenere l’Archivio e le sue attività. In particolare, la collaborazione con il Circolo Gianni Bosio ci ha permesso di trovare ospitalità e appoggio operativo presso la sua sede alla Casa della Memoria e della Storia di Roma.

Da tali collaborazioni sono nati vari percorsi culminati in iniziative educative e culturali, eventi pubblici, partecipazione a festival, premi di produzione, azioni di patrocinio econvenzioni con enti culturali, associazioni non governative, università e scuole soprattutto di Roma e provincia.

AMM ha inoltre realizzato, e realizza, attività in altri contesti:in Sardegna, in collaborazione con l’associazione 4Caniperstrada di Sassari, impegnata in attività di video partecipativo e ricerca visuale; in Sicilia, con l’Associazione Isole, il Comune di Lampedusa, la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana a Palermo e gli istituti scolastici Amari-Ferrara-Roncalli e Perez-Madre Teresa di Calcutta; a Napoli, con l’Università “L’Orientale”e l’Università “Federico II”, la Fondazione Valenzi, l’associazione L.E.S.S. Onlus e con l’Istituto Comprensivo Fava-Gioia; e poi ancora nelle scuole diBrescia, Ferrara, Mantova, Milano e Torino.

Dal 2012 AMM è parte attiva di tre progetti a lungo termine in rete con altri soggetti.

Rete di archivi su memoria e migrazioni (Fondo Rete Memorie Migranti – FRMM):

Nel 2012 la collaborazione tra l’Università di Napoli “L’Orientale”, il Circolo Bosio e l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA) ha dato vita a una Rete di archivi su memoria e migrazioni (RAMM, poi Fondo Rete Memorie Migranti – FRMM) con l’obiettivo di mettere a disposizione del pubblico prodotti audiovisivi e auto-narrazioni di soggetti migranti provenienti da Afghanistan, Bangladesh, Egitto, Eritrea, Etiopia, Italia, Somalia e altri paesi.

Premio Mutti:
Nello stesso anno, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, l’Associazione Amici di Giana, Human RightsNights e dal 2016 la Fondazione Pianoterra, AMM ha contribuito alla promozione di un premio annuale rivolto a registi stranieri residenti in Italia da almeno un anno. Il nome del vincitore viene annunciato annualmente in occasione del Festival Internazionale del Cinema a Venezia.

Concorso DiMMi:
Nel 2016 ha avuto inizio la collaborazione con l’Associazione diaristica nazionale (ADN) di Pieve Santo Stefano e i partner della Regione Toscana per il rilancio del concorso DiMMi-Diari multimediali migranti e la sua estensione a livello nazionale. Dal 2018 AMM è una delle sedi di raccolta di testimonianze diaristiche e di racconti di sé nell’ambito del progetto.

Fin dagli inizi AMM ha curato in modo particolare la diffusione del video partecipativo e la produzione di audiovisivi sulla condizione migrante in Italia.

Alcuni di questi video sono stati realizzati all’interno dell’associazione Asinitas (Come un uomo sulla terra, 2008; Una scuola italiana, 2009; C.A.R.A. Italia, 2010), altri con il sostegno di lettera27, di Open Society e del Premio Mutti (Soltanto il mare e Benvenuti in Italia, 2011; Va’ Pensiero. Storie ambulanti, 2012), altri infine sono stati svolti all’interno di progetti educativi (“Il rovescio della migrazione”, progetto FEI, Centro Cabral e Università di Torino, 2014-2015; T’imparano di SurangaKatugampala, progetto “Tor Sapienza i-LAB” con la Fondazione Pianoterra e l’Associazione Anthropos, Roma 2017; Strade minori, progetto “CPIA 1”, Palermo, 2017) o attraverso bandi MigrArti (Rassegna di film con la Cineteca di Bologna, 2016; produzione del corto La consegna di SurangaKatugampala con OktaFilm, 2017; presentazione del corto Ver sacrum di Letizia Gullo e DagmawiYimer con graffiti.doc, 2018).

AMM ha inoltre collaborato alla realizzazione di cd musicali prodotti dal Circolo Gianni Bosio (Istaraniyeri – Musiche Migranti a Roma, 2011, We are notgoing back. Musica e migranti di resistenza, 2017) e dal 2013 è stata avviata una collaborazione con Giunti Scuola che ha portato alla realizzazione di un kit didattico (Va’ Pensiero. Percorsi di antirazzismo in classe, 2014), elaborato a partire dal film Va’ Pensiero. Storie ambulanti (2012) del regista DagmawiYimer e alla pubblicazione di un blog di AMM, dal titolo “A scuola dell’altro”, sulla rivista on line Sesamo.

Per approfondire, ulteriori informazioni sono presenti nelle sezioni Progetti e Scuole.

Per un archivio delle memorie migranti

di Alessandro Triulzi

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Negli ultimi anni l’Italia, insieme alla Spagna, è diventata uno dei paesi di più forte immigrazione in Europa; tale situazione ha comportato grandi difficoltà di accoglienza e valutazione che impongono oggi, e sarà sempre più necessario in futuro, una riflessione collettiva su questa delicata vicenda storica. Di qui la necessità di raccogliere fonti, tracce e testimonianze in grado di rappresentare un processo storico che caratterizza come pochi altri la nostra epoca: registrare, archiviare e condividere tali fonti permette di partecipare criticamente a un processo globale che sta cambiando il volto del nostro paese, e non solo di subirlo o assistervi passivamente. Di qui la registrazione e raccolta – avviata fin dal 2005 all’interno di una piccola associazione di settore, Asinitas Onlus, con le sue scuole di italiano e i progetti di educazione attiva con stranieri migranti (www.asinitas.org) – di testi, narrazioni orali, canti, scritti e testimonianze audio e video sulla condizione di rifugiati e richiedenti asilo in Italia. Raccogliere le voci di migranti “irregolari”, definiti “clandestini” per legge, senza rimuovere o acutizzare i traumi dell’abbandono iniziale e la violenza del viaggio e dell’arrivo, e farne oggetto di narrazione-testimonianza, solleva problemi etici e metodologici che caratterizzano ogni testimonianza da trauma nella nostra epoca, definita da Annette Wieviorka, «l’era del testimone» (Cfr. Wievorka, 1999). I migranti e richiedenti asilo oggi tra noi richiedono infatti non solo diritti e cittadinanza, ma ci chiedono di dare cittadinanza, e dunque dignità, alla loro storia, la storia dell’emarginazione e dell’emigrazione, della diaspora e dell’esilio, che è parte del vissuto quotidiano, e storia viva, della società in cui viviamo.

Ascoltare, raccogliere e archiviare testimonianze di migranti e richiedenti asilo è tuttavia un’azione che richiede attenzione, sensibilità, capacità di ascolto, partecipazione. È un lavoro difficile e impegnativo, uno stare insieme del ricercatore con il proprio soggetto di ricerca all’interno di un percorso condiviso e partecipato, un progetto di ricerca-azione che è alla base dell’Archivio delle memorie migranti e che aspira a lasciare traccia dei processi migratori in corso e allo stesso tempo di permettere l’inserimento di memorie “altre” nel patrimonio collettivo della memoria nazionale contribuendo a slabbrarne i margini. Creare un contesto di ascolto partecipato e condiviso con migranti arrivati da poco in Italia introduce una serie di nuove domande – e di sfide – a cui non è facile trovare una risposta. Per un immigrato visto come “clandestino” in qualunque città italiana, prendere un autobus, aspettare in fila, entrare in un luogo pubblico, fare la spesa in un negozio o un supermercato, o richiedere i servizi di una struttura pubblica, vuol dire essere continuamente circondato da occhi distratti, indifferenti o malevoli che lo fanno sentire estraneo fino nelle ossa, impaurito, spaesato, insicuro, una persona senza-luogo senza-casa senza-lavoro che brucia la propria stagione della migrazione in zone e luoghi costantemente temporanei e «in eccesso» (Rahola) in un continuo alternarsi di aspettative cui corrispondono solo snervanti attese e rinvii (cfr. Rahola, 2003).

Di qui la difficoltà dell’ascolto di voci straniate e straniere, per quanto empatico ci sforziamo di rendere il nostro sguardo, ai nostri occhi e ai loro. L’ascolto di voci che provengono dall’esterno del proprio mondo e esprimono parole, gesti e riferimenti simbolici diversi dai propri è sempre e comunque destabilizzante, sia per chi parla che per chi ascolta. L’ascolto di voci di migranti, in particolare quelle di richiedenti asilo in attesa di “giudizio” (dove il “diniego” o l’accettazione della condizione di rifugiato nell’Italia di oggi è una vera e propria condanna o assoluzione di pena), è pertanto un ascolto filtrato, ostacolato, cifrato; c’è bisogno di una mediazione linguistica, affettiva, di attenzione e rispetto particolari. Esso deve essere preceduto dalla individuazione di uno spazio comune, una condivisione di piani di discorso e di idealità, un lavorare non solo tra ma con i migranti affinché loro stessi possano diventare protagonisti delle loro storie, in grado di padroneggiare gli strumenti per l’espressione di sé. Senza tutto questo, non è possibile che si stabilisca quella “forma di oblio condiviso” delle disuguaglianze esistenti tra intervistato e intervistatore che per Sayad è il necessario “prodotto della fiducia che è all’origine dell’indagine più proficua” (Sayad 2002, p. 218). Né può avere luogo quel “patto sacro” spinoziano di cui riferisce Pierre Bourdieu sul dovere di non giudicare (non condannare, non ridere, non detestare, ma capire [Bourdieu 2007, p.10. Traduzione mai]) chi rivela un segreto, chi parla «di ciò di cui non si vuole parlare» perché ai limiti di ciò che è «vietato», e allo stesso tempo «prezioso», per la propria vita e quella altrui (Sayad 2002, p. 217).

Per permettere la riappropriazione di un’identità personale e di gruppo occorre pertanto contribuire alla costruzione di una memoria collettiva che non sia solo di colpa o di sofferenza, e recuperarne la dimensione positiva come strategia di vita attiva, e non di semplice sopravvivenza, come è pure per ogni popolo migrante. Il problema è molto vasto e coinvolge una riappropriazione della memoria collettiva che non è esente da ambiguità e contraddizioni. Le voci dei migranti (distorte dai media e spesso spettacolarizzate per usi interni o fini di parte) sono oggi sommerse dal clamore esterno suscitato intorno alla loro presenza tra noi, vista (da pochi) come grande occasione e (dai più) come minaccia per il proprio benessere e sicurezza.

Negli ultimi anni, la letteratura delle migrazioni ha cominciato a trasmetterci forme di auto-rappresentazione di questo mondo sommerso. Ma delle voci dei migranti in transito, quelle dei “clandestini” irregolari come anche dei rifugiati e richiedenti asilo, che sostano a volte per anni tra noi, non c’è traccia se non nelle cronache cittadine sempre più esasperate nei toni, e nelle scarne “memorie integrative” vistosamente artefatte che i richiedenti asilo affidano alla attenzione di avvocati e commissioni governative chiamate a decidere, attraverso le loro sentenze, della continuazione o interruzione – cioè della vita e della morte – dei progetti migratori dei richiedenti. Le loro voci e soggettività reali sono così sommerse nella paura e nell’insicurezza di esiti quasi sempre negativi.

Di qui la necessità di registrare voci diverse e più articolate coinvolgendo i migranti in nuovi modi auto-narrativi (artistici, musicali, audiovisivi) e nell’espressione di desideri e bisogni maturati nei nuovi contesti di comunità, aggregazioni spontanee, scuole o gruppi di ascolto in cui percorsi e obiettivi migratori vengano visti come scelte consapevoli di superamento dei margini limitati o costrittivi delle comunità di origine per poter ampliare e perseguire le proprie scelte di vita. Non si tratta solo di registrare un fenomeno epocale di enorme portata per la nostra società, ma di costruire insieme griglie interpretative e strumenti di comprensione per una realtà di attraversamenti e condizionamenti multipli che ormai caratterizzano non solo le nostre società ma gli stessi paesi di origine, spesso attraversati più dei nostri da flussi migratori e forme di mobilità che appaiono sempre più imponenti e duraturi nel tempo.

Tutto questo ci proponiamo di raccogliere nel nuovo Archivio delle memorie migranti (Amm) da attivare collegando e mettendo in rete realtà ad esso affini e vicine – dal progetto Storie migranti portato avanti da Federica Sossi all’Università di Bergamo ai materiali raccolti da Gabriele Del Grande per Fortress Europe, dai documenti audio di Passepartù trasmessi dalle reti radiofoniche di Amisnet alle testimonianze di migranti raccolte da Roman Herzog per Audio.doc, dai frammenti di vite migranti dispersi o travolti negli sbarchi a Lampedusa e raccolti dalla Associazione locale Askavusa fino ai film, i documentari, le interviste, le immagini in movimento impresse nei cellulari e nelle pellicole dei nostri volontari e filmmaker migranti. In un paese diviso tra emigrazione e immigrazione – un paese in cui troppo spesso ci si dimentica che il binomio noi/loro è una costruzione fittizia che ha bisogno di una costante messa in discussione, e in cui troppo spesso al termine migranti/immigrati si associa un fastidioso turbamento della propria quotidianità – l’idea di dare vita alla raccolta viva, dinamica e partecipata di testimonianze migranti sembra a tutti noi oggi più che mai necessaria. E non solo per loro, che si accingono a confrontarsi con qualcosa di quasi sempre traumatico e indicibile, ma anche per i destinatari delle loro testimonianze, per chi intende predisporsi all’ascolto senza filtri o allarmi mediatici, per chi arriva e per chi parte, insomma, per tutti noi.

L’Archivio risponde pertanto alla volontà di lasciare traccia nella coscienza e nella consapevolezza della società del vissuto collettivo di alterità in cammino e di imprenditorialità umana che esprime il fenomeno migratorio oggi in Italia colpito da una legislazione fortemente discriminatoria e dal rifiuto di estendere ai migranti, anche se di seconda generazione, i diritti civili e politici. Il lavoro intorno all’Archivio e ai materiali che raccoglie mira a far sì che la condizione migrante possa essere delineata in tutta la sua umana e diversificata capacità di azione (agency) e di auto-rappresentazione. Di queste rappresentazioni, dei racconti autobiografici, delle memorie e testimonianze nella loro molteplicità e nel rispetto delle differenze di generi e opinioni, l’Archivio vuole essere dunque garante, tutela, ma anche dimora, luogo di nascita e spazio d’ascolto. Esso non vuole farsi involucro di una memoria preconfezionata, ma spazio (e “bene”) comune in cui poter condividere – in modo partecipato e interattivo – tenendo gli occhi aperti e vivi sulla memoria porosa che sta nascendo all’interno del paese.

Costruire l’Archivio insieme ai soggetti e agli attori della migrazione, nonché agli operatori, ricercatori, volontari, è infatti per noi prassi educativa e insieme accoglienza, è testimoniare e permettere che si faccia testimonianza, è ascoltare la voce di chi non ha diritto ad averla permettendo che sia espressa e si faccia riconoscere, è lasciare traccia di sé in un noi transnazionale che faticosamente, e malgrado tutto, si va formando in Italia. La stessa indicibilità nel parlare di sé dei migranti, l’impossibilità, a volte, di dire “io” nel “dopo” di un viaggio fortemente traumatico o di un approdo ancora più spaesante, può annullarsi o scomparire in presenza di un ascolto partecipato. L’esperienza diventa tale solo se la si condivide e diventa racconto: per questo l’archivio, che i racconti rende possibili, è una vera e propria azione sulla memoria, uno spazio in cui narrazioni condivise diventano a loro volta reciproche. E dove forse quel noi/ loro comincia a vacillare.

In tale modo fare archivio in rete è un agire politico al di fuori degli schemi usuali della politica. Costruire una rete di memorie migranti in Italia costituisce una potenziale rilettura della vita e della cultura nazionale in dimensione passata, presente e futura: è completamento critico della memoria coloniale e delle sue molte rimozioni, spazio d’origine di contronarrazioni che si oppongono al discorso dominante sulla migrazione – pericolosamente infarcito di cecità, pre-giudizi e razzismo –, ma anche contributo alla elaborazione di una memoria culturale transnazionale. L’archiviazione dinamica di questo pezzo di storia del presente permetterà, cioè, di collegare, in maniera meno superficiale di quanto avviene sul piano retorico, l’esperienza migratoria di oggi proveniente dall’esterno con quella passata europea e italiana verso l’esterno (emigrazione e colonie), sottolineandone difficoltà e sofferenze ma anche gli esiti, i lasciti e le ramificazioni nella vita della nazione e del suo diversificato incontro con l’Altro.

Affinché l’Archivio sia spazio e principio di una condivisione di memoria, ossia di cultura come insieme di pratiche sociali e rappresentazioni mentali, occorrono trasparenza e accessibilità. In un archivio raggiungibile, condivisibile, usabile, la memoria diviene funzionale, viva, e non museale. L’Amm non vuole avere né una superficie polverosa, né un carattere di impenetrabilità, tutt’altro: siamo convinti che debba rispecchiare i caratteri di apertura, gratuità e trasparenza del cosiddetto copyleft applicato agli archivi digitali di nuova formazione. L’Archivio dev’essere cioè capace di rispondere alla nuova grammatica di gestione del sapere e delle sue modalità di comunicazione e di trasmissione on line, accostandosi ad altre realtà sviluppatesi in rete ma non per questo dimenticando l’importanza della tangibilità dei materiali che raccoglie, o la sensibilità necessaria nel metterli a disposizione.

I materiali del nostro Archivio sono tuttora in formazione e si prevede che essi siano resi accessibili dall’estate 2012. Le importanti collaborazioni nel passato avviate con Associazioni culturali e Onlus (soprattutto Asinitas, ma anche la Comunità di base di San Paolo, Cemea del Mezzogiorno, Medici contro la tortura), con Fondazioni pubbliche e private (Unicredit, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, lettera27, Open Society Foundations) ci hanno consentito negli anni di accumulare esperienze e professionalità, e di ospitare fisicamente e sostenere l’archivio mobile e le sue attività. La recente collaborazione con il Circolo Gianni Bosio ci ha permesso di portare avanti una serie di iniziative comuni sul tema delle musiche e memorie migranti e ci ha generosamente offerto ospitalità e appoggio operativo presso la sede del Circolo alla Casa della memoria e della storia di Roma. È in tale ambito che è nata l’idea di cercare sostegno per una rete di archivi sulla migrazione presso istituzioni nazionali quali l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi (ex-Discoteca di stato) di Roma e l’università “L’Orientale” di Napoli. Il sostegno di queste due importanti istituzioni permetterà il deposito in copia degli archivi “migranti”, la formazione di operatori, e la messa in sicurezza delle memorie e testimonianze raccolte.

La Rete di Archivi delle memorie migranti intende essere il punto di riferimento di chi voglia condividere e rendere accessibili al pubblico testi, film, registrazioni di storie di vita e video-narrazioni che testimonino un nuovo modo di comunicare, partecipato e interattivo, unendo gruppi misti di educatori, operatori di terreno e migranti in un lavoro comune di rappresentazione e di sollecitazione nell’opinione pubblica di temi, situazioni e diritti relativi alla condizione migrante. Tra i principali obiettivi perseguiti si ricordano in modo particolare: la creazione di una rete nazionale di sostegno e di empowerment dei migranti e dei loro diritti in Italia attraverso modalità di condivisione, consapevolezza e auto-rappresentazione delle nuove identità in cammino; e la speranza di dare dignità di memoria del paese a queste memorie altre, istituzionalizzando e professionalizzando un processo finora portato avanti in modo autonomo ma spesso frammentario dai soli soggetti della società civile.

La Rete verrà attivata a seguito dell’accordo di collaborazione in corso di finalizzazione tra l’Amm, il Circolo Gianni Bosio, l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, Ministero per i beni e le attività culturali, e l’università degli studi di Napoli “L’Orientale”. L’accordo intende dare vita e formalizzazione alla Rete e alla conservazione, archiviazione e messa in sicurezza dei materiali sonori e audiovisivi prodotti, realizzati e gestiti dai partner in piena autonomia. L’accordo di collaborazione è aperto e del tutto inclusivo, in modo da permettere l’adesione di qualunque altro ente o centro che ne condividerà modalità e obiettivi.

Oltre a questi luoghi fisici, lavoriamo affinché l’Archivio sia almeno parzialmente accessibile in rete, e contribuisca ai criteri di open access e di visibilità oggi richiesti per ogni importante iniziativa culturale. Il grado di profondità raggiunto nella relazione con i testimoni e la particolare attenzione che l’Amm presta al rispetto dei loro interessi e della volontà di diffondere le loro narrazioni, impone una cautela particolare nel decidere cosa rendere pubblico e secondo quali modalità. In particolare, i ricercatori che accederanno ai materiali dell’archivio saranno invitati a condividere le finalità, i metodi e i risultati dei loro lavori, facendoli confluire nell’archivio. In questo modo si cerca di equilibrare lo spirito dell’Open Archive con la necessaria cura che queste storie e testimonianze impongono necessariamente. Le collaborazioni in atto hanno permesso l’avvio di percorsi comuni culminati in mostre, laboratori narrativi, e azioni di advocacy nonché la produzione di film (Come un uomo sulla terra, 2008; Una scuola italiana, 2009; C.A.R.A. Italia, 2010; Soltanto il mare e Benvenuti in Italia, 2011) e cd musicali (Istaraniyeri, 2011, raccolta di canti e musiche di migranti a Roma) che hanno permesso di mettere a fuoco modalità incisive di condivisione e diffusione alla rete sociale e alla società civile della co-produzione audiovisiva di testimonianze di vita e di viaggio dei migranti e del loro difficile inserimento nella società italiana, ma anche di straordinarie capacità espressive che una società disattenta rischia di mortificare.

Bilbiografia

Bourdieu P., La misère du monde, Seuil, 2007 (I ed. 1993).

Rahola F., Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell’umanità in eccesso, ombre corte, 2003.

Sayad A., La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina, 2002 (I ed. Paris, 1999).

Wievorka A., L’era del testimone, Raffaello Cortina, 1999.

Cinema e migrazioni

Sono tantissimi i film che negli ultimi venti anni hanno riportato al centro del campo visivo le vicende dei migranti in Italia. In questa sezione è possibile rintracciare oltre duecento titoli di film girati in tutta Italia a cominciare dai primi anni novanta: lungometraggi, cortometraggi, documentari, reportage, film d’autore. Questa mappatura di lavori che riteniamo interessanti, e che spesso non è possibile trovare nei circuiti di distribuzione principali, risponde all’esigenza di offrire una visione d’insieme della produzione cinematografica che tratta il tema delle migrazioni in Italia.

È possibile effettuare una ricerca dei titoli tramite il sistema dei tag (ad esempio per temi: Roma, Eritrea, Etiopia, Colonialismo, Seconde Generazioni, ecc… per anno di produzione o per autore).

Invitiamo a segnalarci eventuali novità o mancanze.

Per ogni richiesta relativa ai film – visione, consultazione, approfondimento – è necessario rivolgersi direttamente ai produttori o agli autori delle opere. Per le produzioni di AMM scrivete direttamente a noi.

(Sezione in fase di aggiornamento)

 

2017

Sea Sorrow – Il dolore del mare
Vanessa Redgrave
Gran Bretagna – 2017 – 75′

L’altro volto della speranza
Aki Kaurismäki
Helsinki – 2017 – 98′

La consegna – The Delivery
Suranga Deshapriya Katugampala
Lessinia (VR) – 2017 – 15′

L’ordine delle cose
Andrea Segre
Roma, Sicilia, Libia – 2017 – 112′

Io sono qui
Gabriele Gravagna
Palermo – 2017 – 92′

Figli Maestri
Simone Bucri
Acilia (Roma) – 2017 – 16′

Human Flow
Ai Weiwei
2017 – 140′

Pagine nascoste
Sabrina Varani
Italia, Etiopia – 2017 – 67′

Talien
Elia Moutamid
Italia, Marocco – 2017 – 87′

 

2016

C’è un posto per me nel mondo
Nene Grignaffini, Francesco Conversano
Brescia, Moldavia – 2016 – 56′

Fuocoammare
Francesco Rosi
Lampedusa – 2016 – 108′

If I Close my Eyes
Francesca Mannocchi, Alessio Romenzi
Libano – 2016 – 52′

Per un figlio
Suranga Deshapriya Katugampala
Nord Italia – 2016 – 74′

Radio Ghetto Relay
Alessandra Ferrini
Rignano -2016 – 15′ 24”

Se una notte di mezza estate i Bottom Brothers
Adriano Foraggio
Napoli – 2016 – 86′

The Black Sheep
Antonio Martino
Libia – 2016 – 70′

 

2015

Dustur
Marco Santarelli
Bologna – 2015 – 74′

If Only I Were That Warrior
Valerio Ciriaci
Affile (RM), Roma, New York (USA), New Jersey, Addis Abeba, Etiopia – 2015 – 72′

Loro di Napoli
Pierfrancesco Li Donni
Napoli – 2015 – 75′

Luoghi comuni
Angelo Loy
Roma – 2015 – 75′

Flotel Europa
Vladimir Tomić
Copenaghen – 2015 – 70′

La mer ne nous accroche pas
Omar Ba, Malik Nejmi
Tangeri – 2015 – 55′

Negotiating Amnesia
Alessandra Ferrini
Etiopia – 2015 – 29′

 

2014

Asmarina
Alan Maglio, Medhin Paolos
Milano, Bologna – 2014 – 69′

Io sto con la sposa
Gabriele Del Grande, Antonio Augugliaro, Khaled Soliman Al Nassiry
Europa – 2014 – 98′

Napps – Memoire of An Invisible Man
Tami Liberman
Berlino – 2014 – 30′

Samira
Nicola Mai
Marsiglia – 2014 – 28′

L’Abri – The Shelter
Fernand Melgar
Losanna – 2014 – 101′

Sponde. Nel sicuro sole del nord
Irene Dionisio
Zarzis, Tunisia – Lampedusa (Tp) – 2014 – 55′

Cittadini del nulla
Razi Mohebi
Mori (Tn) – 2014 – 52′

La neve, la prima volta
Valerio Cataldi
Lampedusa (Tp), Olanda, Svezia, Norvegia – 2014 – 54,13′

Non morire fino a primavera
Camilla Ruggiero
Roma – 2014 – 32′

Il futuro è troppo grande
Giusy Buccheri, Michele Citoni
Roma, Shanghai, Qingtian – 2014 – 80′

Quando Yousef si mise in cammino
Valerio Cataldi
Grecia Macedonia Serbia Ungheria – 2015 – 57′

Terra di transito
Paolo Martino
Roma – 2014 – 52’

 

2013

Campososta
Stefano Liberti, Enrico Parenti
Roma, Campo di via Salone – 2013 – 8′

Ciè Business
Marco Bova
Modena, Roma, Trapani – 2013 – 12′

EU 013 – L’ultima frontiera
Alessio Genovese
Ancona, Bari, Fiumicino (RM), Ponte Galeria (RM), Trapani – 2013 – 62′

L’escale
Kaveh Bakhtiari
Atene – 2013 – 100′

Grooving Lampedusa
Mario Badagliacca
Lampedusa (Ag) – 2013 – 5′

La prima neve
Andrea Segre
Trentino – 2013 – 105′

La polvere di Kabul
Morteza Kaleghi
Iran, Grecia, Roma – 2013 – 12′

Mare Madre
Ernani Paterra
Camigliatello Silano (Cs) – 2013 –  10′

Maschera mia quanto mi costi
Mohamed Kenawi
Roma – 2013 – 53′

Nuove cittadine
Sara Zavarise
Roma – 2013 – 8’

Ponte Galera
Marco Casciani, Maurizio Tafuro
Ponte Galeria (Rm) – 2013 – 63′

Rosarno
Greta De Lazzaris
Rosarno (Rc) – 2013 – ’70

Sanperè! – Venisse il fulmine
Francesca Frigo
Cuneo – 2013 – 70′

Schiavi – Le rotte di nuove forme di sfruttamento
Stefano Mencherini
Lecce – 2013 – 62′

To whom it may concern
Mohamed Zakaria Ali
Lampedusa (Ag) – 2013 – 16′

Un core dentro stazione Termini
Samuel Cirpaci
Roma – 2013 – 18′

Va’ pensiero. Storie ambulanti
Dagmawi Yimer
Firenze, Milano, Roma – 2013 – 55′

Italeñas
David Chierchini, Matteo Keffer, Davide Morandini
Genova – 2013 – 6′

 

2012

To work – A lavoro
Desislava Stoichkova
Roma – 2012 – 3’

Alì ha gli occhi azzurri
Claudio Giovannesi
Ostia (Rm) – 2012 – 100′

Anija (La nave)
Roland Sejko
Puglia – 2012 – 83′

Arcipelaghi
Martin Errichiello, Gabriele Sossella
Napoli – 2012 – 19′

Aula 3 – Storie di rifugiati politici‬
Silvia Perra
Cagliari – 2012 – 45′

Bello essere Habesha
Enrico Turli, Ines Vieira, Akio Takemoto
Bologna – 2012 – 30′

Benvenuti in Italia
Aluk Amiri, Hamed Dera, Hevi Dilara, Zakaria Mohamed Ali, Dagmawi Yimer
Venezia, Milano, Roma, Ercolano, Napoli – 2012 – 60′

Bilal
Havi Dilara
Roma – 2012 – 10’

Caminante
Franco Di Martino, Giuseppe Portuesi, Francesco Valvo
Noto (Sr) – 2012 – 80′

Centro Campista
Mahamady Dera
Roma – 2012 – 9’

Friziorat
Dagmawi Yimer
Roma – 2012 – 13’

GeNEWration
Amin Nour, Pietro Tamaro
Roma – 2012 – 12’16”

Grazie per tutto Signor Presidente
Bennati Matteo
Castiglione delle Stiviere (Mn) – 2012 – 49′

Il santo nero
Antonio Bellia
Agrigento – 2012 – 75′

In nome del popolo italiano
Gabriele Del Grande, Stefano Liberti
Ponte Galeria (Rm) – 2012 – 7′

Inshallah
Riccardo Tappo
Ferentillo (Tr) – 2012 – 31′

Just About My Fingers – Storie di confini e impronte digitali
Paolo Martino
Turchia, Grecia, Italia – 2012 – 40′

L’attesa
Zakaria Mohamed Ali
Roma – 2012 – 11′

La fortuna mi salverà
Alexandra D’Onofrio
Torino – 2012 – 18′

La nave dolce
Daniele Vicari
Albania, Bari – 2012 – 90′

La palestra
Francesco Calandra
Pescara – 2012 – 70′

La quarta via: Mogadiscio, Italia
Simone Brioni, Graziano Chiscuzzu, Ermanno Guida
Pavia – 2012 – 37′

Lampedusa-Parigi: diario di viaggio
Emiliano Pappacena
Lampedusa (Ag), Parigi – 2012 – 52′

Le perle di ritorno. Odissea di un vetraio africano
Franco Basaglia
Venezia – 2012 – 62′

L’amore ai tempi della frontiera
Alexandra D’Onofrio
Tunisia – Italia – 2012 – 20′

Mamma rom
Antonella Cristofaro, Vincenzo Valentino
Roma – 2012 – 43′

Mare chiuso
Stefano Liberti, Andrea Segre
Mar Mediterraneo, Shousha (Tunisia) – 2012 – 60′

Mare deserto
Emiliano Bos, Paul Nicol
Libia, Italia – 2012 – 54′

Memorie uditive
Adriano Foraggio
Palermo – 2012 – 16′

Mineo Housing
Cinzia Castanìa
Mineo (Ct) – 2012 – 59′

Papà non torna più
Alexandra D’Onofrio
Casablanca, Marocco – 2012 – 15′

Piccola terra
Michele Trentini
Valstagna, Canale di Brenta, Valsugana (Vi) – 2012 – 54′

Roma arrota
Aluk Amiri
Roma – 2012 – 9′

Sicilia Sama Diwaan – La Sicilia è la mia casa
Djibril Kebe, Marzia Mete, Roberto Scarpetta
Palermo, Catania, Porticello (Pa) – 2012 – 58′

Studenti in mezzo come me
Matteo Bennati
Castiglione delle Stiviere (Mn) – 2012 – 54′

Zingarò, una sartoria Rom
Marilisa Piga, Nicoletta Nessler, Nicola Contini
Carbonia (CI) – 2012 – 50′

 

2011

Katada Ayti (I Soldi di Mia Madre)
Suranga Deshapriya Katugampala
Wennappuwa (Sri Lanka) – 2011 – 11’48”

18 Ius soli
Fred Kudjo Kuwornu
Bologna, Roma, Napoli – 2011 – 50′

A Chjàna
Jonas Carpignano
Rosarno (RC) – 2011 – 19′

Aicha è tornata
Juan Martin Baigorria, Lisa Tormena
Castello di Serravalle (Bo), Torino – 2011 – 35′

Altra Europa
Rossella Schillaci
Torino – 2011 – 75′

Aulò
Simone Brioni, Graziano Chiscuzzu, Ermanno Guida
Roma – 2011 – 41′

Caramadre
Matteo Pianezzi
Mazara del Vallo (Tp) – 2011 – 6′

Dalla testa al cielo
Debora Scaperrotta
Bolzano – 2011 – 53′

Di tessuti e di altre storie
Teresa Paoli
Prato – 2011 – 53′

Ferrhotel
Mariangela Barbanente
Bari – 2011 – 73′

Good buy Roma
Gaetano Crivaro, Margherita Pisano
Roma – 2011 – 50′

Harraguantanamo
Ilyess ben Chouikha, Giulia Bondi
Lampedusa (Ag), Trapani – 2011 – 5′

I nostri anni migliori
Matteo Calore, Stefano Collizzolli
Manduria (Ta), Mineo (Ct), Palazzo San Gervasio (Pz) – 2011 – 46′

Il debito del mare
Adil Tanani
Torino – 2011 – 15′

Il viaggio di Mohammed
Web doc interattivo, sviluppo del film Dalla testa al cielo
Debora Scaperrotta
Settat (Marocco); Bolzano – 2011

Immaginario Rom
Domenico Distilo
Venezia, Budapest – 2011 – 42′

Invito a Cena‬ – ‪ Il Lazio incontra il Kurdistan turco‬
Angelo Bozzolini
Roma – 2011

Io sono – Storie di schiavitù
Barbara Cupisti
Crotone, Napoli, Roma – 2011 – 63′

Isola, là dove si parla la lingua di Bacco
Patricia Boillat, Elena Gugliuzza
Milano, quartiere Isola – 2011 – 108′

La-Bas. Educazione criminale
Guido Lombardi
Castel Volturno (Ce) – 2011 – 100′

Life in Italy is Ok. Emergency Programma Italia
Gianfranco Marino
Palermo, Marghera (Ve) – 2011 – 38′

L’arrivo di Wang
Antonio Manetti, Marco Manetti
Torino – 2011 – 80′

L’uomo nero‬
Jessica Di Benedetto
Abruzzo – 2011 – 45′

Mama illegal
Ed Moschitz
Austria, Italia, Moldavia – 2011 – 95′

Mohamed e il pescatore
Marco Leopardi
Lampedusa (Tp), Parigi – 2011 – 52′

Next stop Lampedusa
Nicola Angrisano
Lampedusa (Tp) – 2011 – 33′

Non è un paese per neri
Luca Romano, Francesco Amodeo, Armando Andria e Mario Leombruno
Castel Volturno (Ce) – 2011 – 50′

Recinti. Manduria 2011
Andrea Gadaleta Caldarola
Lampedusa (Ag), Manduria (Ta), Ventimiglia (Im) – 2011 – 40′

Schiavi
Giuseppe Laganà
Foggia, Rosarno (RC) – 2011 – 52′

Soltanto il mare
Dagmawi Yimer, Giulio Cederna, Fabrizio Barraco
Lampedusa (Ag) – 2011 – 49′

Sono qui perché
I ragazzi e gli insegnanti della scuola primaria e secondaria dell’Istituto Comprensivo Statale di Vimodrone, nel corso degli anni scolastici 2009-11
Milano – 2011

Storie di Libertà
Paolo Inno, Riccardo Specchia
Manduria (Ta) – 2011 – 15′

Terraferma
Emanuele Crialese
Italia, Francia – 2011 – 88′

Un paradiso di schiavi
Sandro Di Domenico
San Nicola Varco (Sa), Castel Volturno (Ce), Napoli – 2011

Vite in attesa
Alessio Genovese, Rosario Riginella, Gaspare Pellegrino
Trapani – 2011

Vol spécial
Fernand Melgar
Frambois (Ginevra, Ch) – 2011 – 103′

 

2010

Alysia nel paese delle meraviglie
Simone Amendola
Roma – 2010 – 40′

C.A.R.A. Italia
Dagmawi Yimer
Castelnuovo di Porto (Rm) – 2010 – 38′

Famiglie migranti a porte aperte
Aldo Pavan
Giavera del Montello (Tv) – 2010

Homeless United
Marco Leopardi, Emiliano Sacchetti
Milano – 2010 – 52′

Lasa Revuca‬
Martin Fliri
Alto Adige, Slovacchia – 2010 – 42′

Il paese dei bronzi
Vincenzo Caricari
Riace (Rc) – 2010 – 41′

Il sangue verde
Andrea Segre
Rosarno (Rc) – 2010 – 52′

Il tempo delle arance
Nicola Angrisano
Rosarno (Rc) – 2010 – 30′

In coda
Andrea Paz Cortès, Diego Fabricio con la collaborazione di Elia Mariano
Milano – 2010 – 60′

Jamal va in Europa
Paolo Palermo
Brindisi – 2010 – 9′

Nato sotto un altro cielo
Roberto Magnini
Torino – 2010 – 52′

Non tutti i neri vengono per nuocere‬
Salvatore Nappa
Provincia di Caserta – 2010 – 50′

Sola andata. Il viaggio di un Tuareg
Fabio Caramaschi
Pordenone – 2010 – 52′

Termini Underground
Emilia Zazza
Roma – 2010 – 80′

Una scuola italiana
Giulio Cederna, Angelo Loy
Roma – 2010 – 75′

Vera
Francesca Melandri
Campagna vicino Roma – 2010 – 48′

MEI [MEIG] voci migranti
Federico Greco
Valtiberina – 2010 – 50′

 

2009

Di che colore sei?‬
Carlo Ruggiero
Italia – 2009 – 26′

Fratelli d’Italia
Claudio Giovannesi
Ostia – 2009 – 90′

Giallo a Milano
Sergio Basso
Milano – 2009 – 74′

Good Morning Aman
Claudio Noce
Roma – 2009 – 105′

Hanna e Violka‬
Rossella Piccinno
Salento, Polonia – 2009 – 56′

Il colore delle parole
Marco Simon Puccioni
Roma – 2009 – 70′

Ritratto di famiglia con badante
Alessandra Speciale
Italia – 2009 – 51′

Io, la mia famiglia rom e Woody Allen
Laura Halilovic
Torino – 2009 – 50′

Le altre stelle. Il suono dei migranti
Simone Furbetta
Provincia di Ancona – 2009

Nìguri‬
Antonio Martino
Calabria – 2009 – 50′

Storie migranti
Takyiu Traoré, Abdelhadi Fahmi, Ana Maria Preda, Octavian Petriu, Florin Lucan, Shaku Gassma
Milano – 2009 – 39′

‘U stisso sangu
Francesco Di Martino
Sicilia – 2009 – 55′

Valentina Postika in attesa di partire
Caterina Carone
Pesaro – 2009 – 77′

 

2008

Come un uomo sulla terra
Andrea Segre, Dagmawi Yimer, in collaborazione con Riccardo Biadene
Roma – 2008 – 60′

I cercatori di miraggi
Mario Chemello
Zambia; Bologna – 2008 – 62′

La dispensa di Genet‬
Cristiano Regina
Modena – 2008 – 30′

La Domitiana. Dove non c’è strada non c’è civiltà
Romano Montesarchio
Castel Volturno (Ce), Mondragone (Ce) – 2008 – 58′

La forteresse
Fernand Melgar
Svizzera – 2008 – 100′

Sognavo le nuvole colorate
Mario Balsamo
Lecce – 2008 – 65′

Via Anelli
Marco Segato
Padova – 2008 – 68′

Voci di donne native e migranti‬
Rossella Piccinno
Lecce – 2008 – 14′

 

2007

14 Kilómetros
Gerardo Olivares
Mali, Niger, Algeria, Marocco – 2007 – 95′

Carmine. Voci da un quartiere
Sara Zavarise
Brescia – 2007 – 23′

Il deserto e il mare
Dagmawi Yimer, Sintayehu Eshetu, Solomon Moges, Menghistu Andechal, Adam Awad
Roma, Catania – 2007 – 61′

Le ferie di Licu
Vittorio Moroni
Roma – 2007 – 93′

La giusta distanza
Carlo Mazzacurati
Nord Italia – 2007 – 106′

Sei del mondo
Camilla Ruggiero
Ostia – 2007 – 52′

Storie arbëreshë
Mario Balsamo
Piana degli Albanesi (Pa) – 2007 – 53′

Un tempo si chiamavano cafoni
Orsola Sinisi
Orta Nova (Fg) – 2007 – 34′

 

2006

Donne in corriera
Michele Codarin, Marta Zaccaron
Udine, Casablanca – 2006 – 41′

Il mondo addosso
Costanza Quatriglio
Roma – 2006 – 90′

Inatteso
Domenico Distilo
Roma – 2006 – 50′

La grande corsa
Caterina Monzani, Alessandro Pavone, William Negro
Bologna – 2006 – 19′

L’orchestra di Piazza Vittorio
Agostino Ferrente
Roma – 2006 – 90′

Sini & Roi una storia d’amore tra Bologna e l’India
Claudine Tissier, Fabio Campo
Bologna; Kerala – 2006 – 60′

Storia di Habteab
Federico Triulzi
Roma – 2006 – 30′

Via dell’Esquilino
Daniele Di Blasio
Roma – 2006 – 47′

 

2005

Campioni d’Africa. Cittadini italiani
Gianfranco Anzini
Roma – 2005 – 111′

Hotel House
Giorgio Cingolani
Porto Recanati (Mc) – 2005 – 68′

La Polverera
Manuela Borgetti, Maria Rosa Jijon, Sonia Maccari
Roma – 2005 – 30′

Le donne vestivano gonne fiorite
Carlo Chiaromonte
Roma – 2005 – 52′

Tra due terre
Michele Carrillo
Buenos Aires – 2005 – 70′

Un cinese a Roma
Gianfranco Giagni
Roma – 2005 – 50′

 

2004

Filo di luce
Michele Fasano
Vescovato (Cr) – 2004 – 56′

Jetoj – Vivo
Ervis Eshja, Mattia Soranzo
Puglia – 2004 – 18′

Materiali a confronto
Giuseppe M. Gaudino
Napoli – 2004 – 109′

 

2003

Lovte
Andrea Camuffo, Simone Spada
Roma – 2003 – 52′

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scuole

A scuola dell’altro – Percorsi di antirazzismo in classe

Il progetto educativo A scuola dell’altro propone attività laboratoriali nelle scuole primarie e secondarie che prevedono l’utilizzo a fini pedagogici dei materiali raccolti e prodotti dall’Archivio delle memorie migranti. Le attività saranno curate e gestite da operatori di AMM con esperienza educativa nelle scuole. Durante gli incontri i docenti e gli studenti avranno modo di fruire a diverso titolo dei materiali multimediali (testi, foto, disegni, video, ecc.) messi a disposizione dal progetto e di interagire su questioni oggi di cruciale importanza: il razzismo, la lotta ai pregiudizi, il rispetto dei diritti fondamentali, la necessità che si creino ponti di dialogo tra mondi diversi.

Alcuni dei nostri laboratori:

“Viaggi da raccontare” Laboratorio di autonarrazione

 

Il laboratorio si è svolto alla Scuola primaria C. Pisacane (I.C. Via Ferraironi) di Roma tra ottobre e dicembre del 2017, nell’ambito del progetto: “Laboratori di autonarrazione per giovani apprendisti. Viaggi da raccontare, fra scrittura, canto e video” (POR FSE Lazio 2014/2020 Asse III “Istruzione e formazione”), realizzato dall’associazione Pisacane 0-11 in collaborazione con le associazioni culturali Diecimondi e Archivio delle memorie migranti.

San Basilio Calling

Roma – febbraio – maggio 2019 Istituto Comprensivo Via Belforte del Chienti – “F. Fellini” Progetto: “San Basilio Calling” (con Circolo Gianni Bosio, Chroma) Bando: Otto per mille valdese Laboratorio: “San Basilio Calling” Durata: 24 ore Destinatari: studenti delle classi I A, B e D (secondarie inferiori)

Progetto DIMMI

 
Ariccia – novembre 2018 – marzo 2019 Liceo Classico Statale “James Joyce Progetto: DIMMI (link) Laboratorio: “Oltre i muri. Autonarrazioni da dentro e da fuori” – Progetto DIMMI Durata: 16 ore Destinatari: studenti della classe II LC e III LB.

Obiettivi

Contrastare ogni forma di discriminazione tra studenti favorendo l’interazione e l’interculturalità nella scuola, in quanto prima frontiera di accoglienza e incontro multiculturale.

Obiettivi specifici:
• Contribuire alla diffusione di buone pratiche di educazione interculturale attraverso il coinvolgimento diretto di migranti di prima e seconda generazione e il ricorso a forme di autonarrazione.
• Elaborare assieme agli studenti percorsi di riflessione condivisi sulle tematiche sollevate nel corso degli incontri.
• Favorire con il supporto della multimedialità, della didattica ludica e dei social network l’acquisizione di informazioni più consapevoli a partire dai dati reali e dal confronto diretto e personale con le storie e i protagonisti di percorsi migratori.
• Condividere e analizzare l’importanza del racconto autobiografico e di storie di vita nella società contemporanea come strumenti per la conoscenza di sé e lo sviluppo delle capacità empatiche dell’individuo.
• Favorire l’acquisizione di strumenti (cognitivi e operativi) per la lettura critica delle rappresentazioni di sé e dell’altro, delle immagini, degli stereotipi, dei pregiudizi sedimentati nel proprio immaginario o sollecitati dalle rappresentazioni mediatiche.

Metodologia e strumenti

La metodologia di AMM si fonda sull’incontro faccia a faccia tra persone che hanno qualcosa di diverso da raccontare e da ascoltare. Studenti italiani figli di italiani, figli di stranieri, migranti arrivati da poco, migranti che vivono in questo paese da decenni e che si incontrano in classe, incrociano i loro sguardi e le loro storie. Il progetto pone al centro della sua azione l’importanza della proliferazione di punti di vista molteplici. Enfatizza il metodo partecipativo e la condivisione nel racconto delle storie di vita, nella loro produzione, i punti di vista da cui sono raccontate, la loro circolazione.

Le attività di formazione e laboratoriali saranno stimolate dalla fruizione dei materiali raccolti e elaborati dall’Archivio, e comprenderanno testi scritti, presentazioni orali, role plays e drammatizzazioni, cerchi narrativi, mappe mentali, storytelling, ecc. Particolare rilievo verrà dato al kit didattico Va’ Pensiero. Storie ambulanti: Percorsi di antirazzismo in classe realizzato da AMM con Giunti Scuola. Altri materiali didattici proposti dal progetto alle scuole sono, ad esempio: a) Benvenuti in Italia, un film a episodi realizzato da 5 giovani rifugiati in diverse città italiane; b) To whom it may concern, un cortometraggio realizzato a Lampedusa dal giornalista somalo Zakaria Mohamed Ali; c) Grooving Lampedusa, prodotto multimedia di Mario Badagliacca. d) La storymap Ritorno a Lampedusa di Mahamed Aman.

Le molteplici competenze che l’Archivio è in grado di attivare rendono possibile un’estrema flessibilità nella realizzazione degli interventi in classe. A seguito di un contatto da parte delle scuole o dei singoli docenti, è previsto sempre un incontro con gli operatori AMM per definire necessità specifiche, modalità e tempi di svolgimento dei laboratori. È possibile prevedere percorsi laboratoriali extra-curriculari o incontri che si inseriscano all’interno di una programmazione didattica già stabilita.

Materiali:

– DiMMi di storie migranti. Materiali e spunti didattici.
Il testo presenta una serie di proposte didattiche a partire dai racconti raccolti nell’ambito del progetto DiMMi. Richiedete qui il pdf.

 

– Il nostro diario di bordo.
Dall’ottobre 2016 Il gruppo scuola di AMM curerà un blog bimestrale sulla rivista SESAMO di GIUNTI Scuola. Sarà un modo per rielaborare e raccontare le esperienze in classe, mettendo a confronto le nostre metodologie. Seguiteci qui.

 

Per informazioni sui progetti di AMM nelle scuole

scrivete a: Monica Bandella – monica.bandella@gmail.com

Giallo a Milano

Sergio Basso
Milano – 2009 – 74′

Scheda film

Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Sergio Basso;
Con: Wen Zhang, Jessica Pattuglio, Cristiano Pattuglio, David Chao, Wu Xiaoyun, Isabella Mao Yufei;
Fotografia: Daniel Arvizu;
Suono: Andrea Sileo, Paolo Benvenuti;
Montaggio: Davide Vizzini;
Musica: Enea Bardi;
Produzione: Alessandro Borrelli per CSC Production e La Sarraz Pictures;
Formato: Betadigital

Sinossi

A Milano esiste una delle più antiche Chinatown d’Europa. Attraverso immagini e filmati d’epoca alternati ai racconti di venti cinesi residenti nel capoluogo lombardo viene fotografata la loro comunità con particolare attenzione alle loro difficoltà quotidiane ma anche ai loro sogni e tradizioni. «Riprese mobili, composizione simmetrica del quadro, split screen, musica non diegetica e persino animazione: non c’è intento mimetico in Giallo a Milano. Sergio Basso non nasconde l’artificio cinematografico in virtù di una presunta obiettività, bensì racconta la comunità cinese attraverso numerose piccole storie, con stili diversi e tenendo un buon ritmo. […] Con lo scorrere dei minuti le idee preconcette si dileguano, mentre se ne scopre l’altra faccia: secondo i cinesi gli italiani sono pigri, un’accusa meravigliosa in una città che fa del culto del lavoro un onore e che spesso liquida come indolenti immigrati d’altra provenienza. Perché, come un uroboro, i pregiudizi finiscono per rincorrersi e cibarsi di se stessi» (Andrea Fornasiero, «FilmTv»).