Focus Corno d’Africa

a cura di Gabriel Tzeggai, Raya Cohen, Francesca Locatelli, Zakaria Mohamed Ali

La drammatica situazione socio-politica in cui si trova l’Eritrea è sotto gli occhi di tutti. Da anni ormai molti eritrei denunciano l’oppressione politica e le violazioni dei diritti fondamentali da parte dello stato eritreo. Ma l’aspetto più evidente della gravità della situazione in cui si trova questa giovane nazione si rivela nelle dimensioni e dinamiche della migrazione in massa di giovani eritrei.

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), 305.723 rifugiati hanno già abbandonato l’Eritrea e all’incirca 2.000-3.000 persone al mese lasciano il paese.

I numeri sono allarmanti per un paese che conta soltanto 5.6 milioni di abitanti. Ancora più allarmanti sono le testimonianze dei migranti stessi, le denunce e i rapporti degli attivisti, delle organizzazioni umanitarie e dei giornalisti che raccontano gli aspetti particolari e più tragici di questa migrazione.

L’Archivio delle memorie Migranti – AMM – dedica questa pagina alla migrazione eritrea riportando testimonianze, notizie, descrizioni di circostanze e iniziative di giovani migranti eritrei in Europa, Israele, Egitto, Sudan, Etiopia e altre parti del mondo.


Informazioni storiche sull’Eritrea


La situazione attuale in Eritrea
La situazione politica, economica e sociale dell’Eritrea è molto complessa. Dopo una lunga guerra per l’indipendenza, durata 30 anni, l’Eritrea si è trovata in guerra per una seconda volta contro l’Etiopia dal 1998 fino al 2000. Un accordo per cessare le ostilità, firmato ad Algeri, non ha dato risultati concreti e fino ad oggi nelle zone di confine, dove l’Etiopia tuttora occupa alcune zone riconosciute come territorio eritreo, persiste una situazione tesa, anche se per anni non ci sono stati grandi scontri.
Tramite un sistema di servizio militare obbligatorio, il governo eritreo continua a tenere mobilitato un enorme esercito, composto da coscritti, donne e uomini, ai quali ogni anno si aggiungono nuove reclute. Nessuno viene congedato e da anni ormai tutti rimangono in servizio per un tempo indeterminato.
D’altra parte la situazione politica interna è caratterizzata da assenza di rispetto dei diritti fondamentali, come testimoniato da molti eritrei che abbandonano il paese. In questa sezione riportiamo le voci di migranti eritrei, commenti e aggiornamenti su vari aspetti della situazione in Eritrea.


Asmat’na – I desaparecidos dell’Eritrea
Il sistema di sparizioni forzate usato dal regime dittatoriale in Eritrea non mira solo al controllo totale della nazione attraverso la creazione di paura, ma anche alla negazione di identità delle persone scomparse. Negazione che tenta di far dimenticare anche i loro nomi, le loro storie, la loro umanità.
Le loro storie, e i loro nomi, sono storia della nazione, la nostra storia. Vi chiediamo di aiutarci a far rivivere la loro memoria e la nostra storia.


La condizione degli eritrei in Israele
Le recenti proteste in Israele dei richiedenti asilo eritrei e sudanesi rappresentano la più grande mobilitazione di migranti nel rivendicare il rispetto dei diritti del rifugiato. Queste proteste hanno messo in luce la particolare situazione legale e politica in Israele in relazione all’immigrazione in generale e rispetto alla Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 e il Protocollo del 1967.
In questa sezione descriviamo l’attuale situazione dei richiedenti asilo, le loro proteste e le possibili conseguenze della politica di espulsione verso terzi stati che Israele intende perseguire nei confronti dei richiedenti asilo provenienti dal Corno d’Africa.


Il traffico di esseri umani nel Sinai
Il deserto del Sinai è diventato sinonimo di inferno. Un inferno dove negli ultimi anni migliaia di giovani donne e uomini, in prevalenza eritrei, sono stati sequestrati e torturati a scopo di estorsione. È una rete di affari di centinaia di milioni che, estendendosi dal Corno d’Africa fino al Medio Oriente e alle sponde del Mediterraneo, è costata migliaia di vite.
È un inferno dove è avvenuto, e tuttora avviene di tutto: torture, stupri, uccisioni, espianto di organi. Il Sinai è diventato il centro di un turpe e perverso commercio di esseri umani che si conduce nelle “case di tortura”, dalle quali, attraverso i cellulari, si fanno ascoltare “in diretta” ai parenti delle vittime le urla e le suppliche dei loro cari che in quei momenti vengono sottoposti a torture indicibili e stupri. Le testimonianze, le immagini, i rapporti che presenteremo in questa parte descriveranno l’orrore e l’estensione di questo fenomeno. […]

Cantiere Lampedusa

Barche abbandonate, sventrate, incendiate. Semplici oggetti d’uso e di affezione sequestrati ai migranti, o smarriti durante le fasi concitate dello sbarco, gettati alla rinfusa nella discarica, trasformati in cumuli di spazzatura, fatti a pezzi: scarpe rotte, vestiti, pacchetti di sigarette, croci, bussole, libri, carte, lettere.
Testimonianze preziose, oggetti di memoria e non di rimozione, da conservare e studiare come è stato fatto negli ultimi anni grazie agli sforzi dei volontari di Askavusa e ora del Comune di Lampedusa e Linosa e della Capitaneria di Porto, uniti a noi e altri nella creazione sull’Isola di Lampedusa di un Museo Diffuso delle Migrazioni. Attualmente il progetto è sospeso e in fase di ripensamento.

Senza dimenticare la tragedia dei tanti che perdono la vita in mare o che ancora soffrono in centri di accoglienza trasformati in centri di espulsione, il progetto intende ribaltare la consueta cronaca di emergenze e trattenimenti forzati per dare voce a quelle decine di  migliaia di persone, uomini, donne e bambini, portatori di speranze, sogni, vite, idee di futuro che si sono intrecciate con le nostre, ispirando l’idea di un possibile destino condiviso.
Le loro testimonianze, i racconti, le tracce – e quelle di chi ben prima di loro è emigrato dall’isola verso altre destinazioni, in Italia o all’estero – sono un bene comune per l’Italia contemporanea che abbiamo il dovere di conoscere e conservare per restituire memoria ai molteplici scambi e contaminazioni che hanno improntato il nostro stesso processo di formazione come paese del Mediterraneo.

In questa direzione, nel 2014 AMM ha fatto parte di un gruppo promotore della campagna “Giustizia per i nuovi desaparecidos”, per la costituzione di un tribunale di opinione sulle scomparse dei migranti in viaggio verso l’Europa.

Inoltre, insieme al CISP, l’Usigrai e il Comune di Lampedusa pensiamo a Lampedusa come laboratorio di studio, di insegnamento e di conoscenza delle nostre stesse radici, che unisca gli abitanti dell’isola e i migranti in un percorso di riflessione, condivisione di metodi e fonti, per rintracciare i percorsi, i reticoli, gli incroci di idealità e di cambiamento. Per questo abbiamo elaborato linee progettuali comuni e abbiamo presentato, insieme ad altri partner locali a Lampedusa, Malta, Atene e Lesbo, un primo progetto europeo (“Europe for citizens” 2014/2020).

Questa sezione del sito conserva i materiali iniziali del progetto di Museo diffuso e presenta una serie di materiali, scritti e video, sul cantiere aperto di Lampedusa.

DOCUMENTI

1. Per un museo diffuso delle migrazioni: il progetto
2. Delibera della costituzione del museo delle migrazioni (clicca qui)
3. Lettera del Sindaco di Lampedusa (clicca qui)
4. Che cosa resta di un viaggio della speranza di Attilio Bolzoni (clicca qui)

TESTI

1. “Middle passages”, musealizzazione e soggettività a Bristol e Lampedusa di Gianluca Gatta e  Giusy Muzzopappa
2. “Like a plate of spaghetti” di Alessandro Triulzi
3. The Madonna of the Sea di Maaza Mengiste
4. Lampedusa’s Gaze. Messages from the Outpost of Europe di Simona Wright
5. Landscape is a space of action and thought di Costanza Meli

IMMAGINI

1. Soltanto il mare, un documentario di Dagmawi Yimer, Giulio Cederna, Fabrizio Barraco, (49’) 2011
2. Grooving Lampedusa, un foto-racconto di Mario Badagliacca (5‘ 25’’), 2012
3. To whom it may concern, un cortometraggio di Zakaria Mohamed Ali (16’), 2013
4. La mappa di Mahamed di Mahamed Aman, a cura di Monica Bandella (26’ 19’’), 2013