Per un archivio delle memorie migranti

di Alessandro Triulzi

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Negli ultimi anni l’Italia, insieme alla Spagna, è diventata uno dei paesi di più forte immigrazione in Europa; tale situazione ha comportato grandi difficoltà di accoglienza e valutazione che impongono oggi, e sarà sempre più necessario in futuro, una riflessione collettiva su questa delicata vicenda storica. Di qui la necessità di raccogliere fonti, tracce e testimonianze in grado di rappresentare un processo storico che caratterizza come pochi altri la nostra epoca: registrare, archiviare e condividere tali fonti permette di partecipare criticamente a un processo globale che sta cambiando il volto del nostro paese, e non solo di subirlo o assistervi passivamente. Di qui la registrazione e raccolta – avviata fin dal 2005 all’interno di una piccola associazione di settore, Asinitas Onlus, con le sue scuole di italiano e i progetti di educazione attiva con stranieri migranti (www.asinitas.org) – di testi, narrazioni orali, canti, scritti e testimonianze audio e video sulla condizione di rifugiati e richiedenti asilo in Italia. Raccogliere le voci di migranti “irregolari”, definiti “clandestini” per legge, senza rimuovere o acutizzare i traumi dell’abbandono iniziale e la violenza del viaggio e dell’arrivo, e farne oggetto di narrazione-testimonianza, solleva problemi etici e metodologici che caratterizzano ogni testimonianza da trauma nella nostra epoca, definita da Annette Wieviorka, «l’era del testimone» (Cfr. Wievorka, 1999). I migranti e richiedenti asilo oggi tra noi richiedono infatti non solo diritti e cittadinanza, ma ci chiedono di dare cittadinanza, e dunque dignità, alla loro storia, la storia dell’emarginazione e dell’emigrazione, della diaspora e dell’esilio, che è parte del vissuto quotidiano, e storia viva, della società in cui viviamo.

Ascoltare, raccogliere e archiviare testimonianze di migranti e richiedenti asilo è tuttavia un’azione che richiede attenzione, sensibilità, capacità di ascolto, partecipazione. È un lavoro difficile e impegnativo, uno stare insieme del ricercatore con il proprio soggetto di ricerca all’interno di un percorso condiviso e partecipato, un progetto di ricerca-azione che è alla base dell’Archivio delle memorie migranti e che aspira a lasciare traccia dei processi migratori in corso e allo stesso tempo di permettere l’inserimento di memorie “altre” nel patrimonio collettivo della memoria nazionale contribuendo a slabbrarne i margini. Creare un contesto di ascolto partecipato e condiviso con migranti arrivati da poco in Italia introduce una serie di nuove domande – e di sfide – a cui non è facile trovare una risposta. Per un immigrato visto come “clandestino” in qualunque città italiana, prendere un autobus, aspettare in fila, entrare in un luogo pubblico, fare la spesa in un negozio o un supermercato, o richiedere i servizi di una struttura pubblica, vuol dire essere continuamente circondato da occhi distratti, indifferenti o malevoli che lo fanno sentire estraneo fino nelle ossa, impaurito, spaesato, insicuro, una persona senza-luogo senza-casa senza-lavoro che brucia la propria stagione della migrazione in zone e luoghi costantemente temporanei e «in eccesso» (Rahola) in un continuo alternarsi di aspettative cui corrispondono solo snervanti attese e rinvii (cfr. Rahola, 2003).

Di qui la difficoltà dell’ascolto di voci straniate e straniere, per quanto empatico ci sforziamo di rendere il nostro sguardo, ai nostri occhi e ai loro. L’ascolto di voci che provengono dall’esterno del proprio mondo e esprimono parole, gesti e riferimenti simbolici diversi dai propri è sempre e comunque destabilizzante, sia per chi parla che per chi ascolta. L’ascolto di voci di migranti, in particolare quelle di richiedenti asilo in attesa di “giudizio” (dove il “diniego” o l’accettazione della condizione di rifugiato nell’Italia di oggi è una vera e propria condanna o assoluzione di pena), è pertanto un ascolto filtrato, ostacolato, cifrato; c’è bisogno di una mediazione linguistica, affettiva, di attenzione e rispetto particolari. Esso deve essere preceduto dalla individuazione di uno spazio comune, una condivisione di piani di discorso e di idealità, un lavorare non solo tra ma con i migranti affinché loro stessi possano diventare protagonisti delle loro storie, in grado di padroneggiare gli strumenti per l’espressione di sé. Senza tutto questo, non è possibile che si stabilisca quella “forma di oblio condiviso” delle disuguaglianze esistenti tra intervistato e intervistatore che per Sayad è il necessario “prodotto della fiducia che è all’origine dell’indagine più proficua” (Sayad 2002, p. 218). Né può avere luogo quel “patto sacro” spinoziano di cui riferisce Pierre Bourdieu sul dovere di non giudicare (non condannare, non ridere, non detestare, ma capire [Bourdieu 2007, p.10. Traduzione mai]) chi rivela un segreto, chi parla «di ciò di cui non si vuole parlare» perché ai limiti di ciò che è «vietato», e allo stesso tempo «prezioso», per la propria vita e quella altrui (Sayad 2002, p. 217).

Per permettere la riappropriazione di un’identità personale e di gruppo occorre pertanto contribuire alla costruzione di una memoria collettiva che non sia solo di colpa o di sofferenza, e recuperarne la dimensione positiva come strategia di vita attiva, e non di semplice sopravvivenza, come è pure per ogni popolo migrante. Il problema è molto vasto e coinvolge una riappropriazione della memoria collettiva che non è esente da ambiguità e contraddizioni. Le voci dei migranti (distorte dai media e spesso spettacolarizzate per usi interni o fini di parte) sono oggi sommerse dal clamore esterno suscitato intorno alla loro presenza tra noi, vista (da pochi) come grande occasione e (dai più) come minaccia per il proprio benessere e sicurezza.

Negli ultimi anni, la letteratura delle migrazioni ha cominciato a trasmetterci forme di auto-rappresentazione di questo mondo sommerso. Ma delle voci dei migranti in transito, quelle dei “clandestini” irregolari come anche dei rifugiati e richiedenti asilo, che sostano a volte per anni tra noi, non c’è traccia se non nelle cronache cittadine sempre più esasperate nei toni, e nelle scarne “memorie integrative” vistosamente artefatte che i richiedenti asilo affidano alla attenzione di avvocati e commissioni governative chiamate a decidere, attraverso le loro sentenze, della continuazione o interruzione – cioè della vita e della morte – dei progetti migratori dei richiedenti. Le loro voci e soggettività reali sono così sommerse nella paura e nell’insicurezza di esiti quasi sempre negativi.

Di qui la necessità di registrare voci diverse e più articolate coinvolgendo i migranti in nuovi modi auto-narrativi (artistici, musicali, audiovisivi) e nell’espressione di desideri e bisogni maturati nei nuovi contesti di comunità, aggregazioni spontanee, scuole o gruppi di ascolto in cui percorsi e obiettivi migratori vengano visti come scelte consapevoli di superamento dei margini limitati o costrittivi delle comunità di origine per poter ampliare e perseguire le proprie scelte di vita. Non si tratta solo di registrare un fenomeno epocale di enorme portata per la nostra società, ma di costruire insieme griglie interpretative e strumenti di comprensione per una realtà di attraversamenti e condizionamenti multipli che ormai caratterizzano non solo le nostre società ma gli stessi paesi di origine, spesso attraversati più dei nostri da flussi migratori e forme di mobilità che appaiono sempre più imponenti e duraturi nel tempo.

Tutto questo ci proponiamo di raccogliere nel nuovo Archivio delle memorie migranti (Amm) da attivare collegando e mettendo in rete realtà ad esso affini e vicine – dal progetto Storie migranti portato avanti da Federica Sossi all’Università di Bergamo ai materiali raccolti da Gabriele Del Grande per Fortress Europe, dai documenti audio di Passepartù trasmessi dalle reti radiofoniche di Amisnet alle testimonianze di migranti raccolte da Roman Herzog per Audio.doc, dai frammenti di vite migranti dispersi o travolti negli sbarchi a Lampedusa e raccolti dalla Associazione locale Askavusa fino ai film, i documentari, le interviste, le immagini in movimento impresse nei cellulari e nelle pellicole dei nostri volontari e filmmaker migranti. In un paese diviso tra emigrazione e immigrazione – un paese in cui troppo spesso ci si dimentica che il binomio noi/loro è una costruzione fittizia che ha bisogno di una costante messa in discussione, e in cui troppo spesso al termine migranti/immigrati si associa un fastidioso turbamento della propria quotidianità – l’idea di dare vita alla raccolta viva, dinamica e partecipata di testimonianze migranti sembra a tutti noi oggi più che mai necessaria. E non solo per loro, che si accingono a confrontarsi con qualcosa di quasi sempre traumatico e indicibile, ma anche per i destinatari delle loro testimonianze, per chi intende predisporsi all’ascolto senza filtri o allarmi mediatici, per chi arriva e per chi parte, insomma, per tutti noi.

L’Archivio risponde pertanto alla volontà di lasciare traccia nella coscienza e nella consapevolezza della società del vissuto collettivo di alterità in cammino e di imprenditorialità umana che esprime il fenomeno migratorio oggi in Italia colpito da una legislazione fortemente discriminatoria e dal rifiuto di estendere ai migranti, anche se di seconda generazione, i diritti civili e politici. Il lavoro intorno all’Archivio e ai materiali che raccoglie mira a far sì che la condizione migrante possa essere delineata in tutta la sua umana e diversificata capacità di azione (agency) e di auto-rappresentazione. Di queste rappresentazioni, dei racconti autobiografici, delle memorie e testimonianze nella loro molteplicità e nel rispetto delle differenze di generi e opinioni, l’Archivio vuole essere dunque garante, tutela, ma anche dimora, luogo di nascita e spazio d’ascolto. Esso non vuole farsi involucro di una memoria preconfezionata, ma spazio (e “bene”) comune in cui poter condividere – in modo partecipato e interattivo – tenendo gli occhi aperti e vivi sulla memoria porosa che sta nascendo all’interno del paese.

Costruire l’Archivio insieme ai soggetti e agli attori della migrazione, nonché agli operatori, ricercatori, volontari, è infatti per noi prassi educativa e insieme accoglienza, è testimoniare e permettere che si faccia testimonianza, è ascoltare la voce di chi non ha diritto ad averla permettendo che sia espressa e si faccia riconoscere, è lasciare traccia di sé in un noi transnazionale che faticosamente, e malgrado tutto, si va formando in Italia. La stessa indicibilità nel parlare di sé dei migranti, l’impossibilità, a volte, di dire “io” nel “dopo” di un viaggio fortemente traumatico o di un approdo ancora più spaesante, può annullarsi o scomparire in presenza di un ascolto partecipato. L’esperienza diventa tale solo se la si condivide e diventa racconto: per questo l’archivio, che i racconti rende possibili, è una vera e propria azione sulla memoria, uno spazio in cui narrazioni condivise diventano a loro volta reciproche. E dove forse quel noi/ loro comincia a vacillare.

In tale modo fare archivio in rete è un agire politico al di fuori degli schemi usuali della politica. Costruire una rete di memorie migranti in Italia costituisce una potenziale rilettura della vita e della cultura nazionale in dimensione passata, presente e futura: è completamento critico della memoria coloniale e delle sue molte rimozioni, spazio d’origine di contronarrazioni che si oppongono al discorso dominante sulla migrazione – pericolosamente infarcito di cecità, pre-giudizi e razzismo –, ma anche contributo alla elaborazione di una memoria culturale transnazionale. L’archiviazione dinamica di questo pezzo di storia del presente permetterà, cioè, di collegare, in maniera meno superficiale di quanto avviene sul piano retorico, l’esperienza migratoria di oggi proveniente dall’esterno con quella passata europea e italiana verso l’esterno (emigrazione e colonie), sottolineandone difficoltà e sofferenze ma anche gli esiti, i lasciti e le ramificazioni nella vita della nazione e del suo diversificato incontro con l’Altro.

Affinché l’Archivio sia spazio e principio di una condivisione di memoria, ossia di cultura come insieme di pratiche sociali e rappresentazioni mentali, occorrono trasparenza e accessibilità. In un archivio raggiungibile, condivisibile, usabile, la memoria diviene funzionale, viva, e non museale. L’Amm non vuole avere né una superficie polverosa, né un carattere di impenetrabilità, tutt’altro: siamo convinti che debba rispecchiare i caratteri di apertura, gratuità e trasparenza del cosiddetto copyleft applicato agli archivi digitali di nuova formazione. L’Archivio dev’essere cioè capace di rispondere alla nuova grammatica di gestione del sapere e delle sue modalità di comunicazione e di trasmissione on line, accostandosi ad altre realtà sviluppatesi in rete ma non per questo dimenticando l’importanza della tangibilità dei materiali che raccoglie, o la sensibilità necessaria nel metterli a disposizione.

I materiali del nostro Archivio sono tuttora in formazione e si prevede che essi siano resi accessibili dall’estate 2012. Le importanti collaborazioni nel passato avviate con Associazioni culturali e Onlus (soprattutto Asinitas, ma anche la Comunità di base di San Paolo, Cemea del Mezzogiorno, Medici contro la tortura), con Fondazioni pubbliche e private (Unicredit, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, lettera27, Open Society Foundations) ci hanno consentito negli anni di accumulare esperienze e professionalità, e di ospitare fisicamente e sostenere l’archivio mobile e le sue attività. La recente collaborazione con il Circolo Gianni Bosio ci ha permesso di portare avanti una serie di iniziative comuni sul tema delle musiche e memorie migranti e ci ha generosamente offerto ospitalità e appoggio operativo presso la sede del Circolo alla Casa della memoria e della storia di Roma. È in tale ambito che è nata l’idea di cercare sostegno per una rete di archivi sulla migrazione presso istituzioni nazionali quali l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi (ex-Discoteca di stato) di Roma e l’università “L’Orientale” di Napoli. Il sostegno di queste due importanti istituzioni permetterà il deposito in copia degli archivi “migranti”, la formazione di operatori, e la messa in sicurezza delle memorie e testimonianze raccolte.

La Rete di Archivi delle memorie migranti intende essere il punto di riferimento di chi voglia condividere e rendere accessibili al pubblico testi, film, registrazioni di storie di vita e video-narrazioni che testimonino un nuovo modo di comunicare, partecipato e interattivo, unendo gruppi misti di educatori, operatori di terreno e migranti in un lavoro comune di rappresentazione e di sollecitazione nell’opinione pubblica di temi, situazioni e diritti relativi alla condizione migrante. Tra i principali obiettivi perseguiti si ricordano in modo particolare: la creazione di una rete nazionale di sostegno e di empowerment dei migranti e dei loro diritti in Italia attraverso modalità di condivisione, consapevolezza e auto-rappresentazione delle nuove identità in cammino; e la speranza di dare dignità di memoria del paese a queste memorie altre, istituzionalizzando e professionalizzando un processo finora portato avanti in modo autonomo ma spesso frammentario dai soli soggetti della società civile.

La Rete verrà attivata a seguito dell’accordo di collaborazione in corso di finalizzazione tra l’Amm, il Circolo Gianni Bosio, l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, Ministero per i beni e le attività culturali, e l’università degli studi di Napoli “L’Orientale”. L’accordo intende dare vita e formalizzazione alla Rete e alla conservazione, archiviazione e messa in sicurezza dei materiali sonori e audiovisivi prodotti, realizzati e gestiti dai partner in piena autonomia. L’accordo di collaborazione è aperto e del tutto inclusivo, in modo da permettere l’adesione di qualunque altro ente o centro che ne condividerà modalità e obiettivi.

Oltre a questi luoghi fisici, lavoriamo affinché l’Archivio sia almeno parzialmente accessibile in rete, e contribuisca ai criteri di open access e di visibilità oggi richiesti per ogni importante iniziativa culturale. Il grado di profondità raggiunto nella relazione con i testimoni e la particolare attenzione che l’Amm presta al rispetto dei loro interessi e della volontà di diffondere le loro narrazioni, impone una cautela particolare nel decidere cosa rendere pubblico e secondo quali modalità. In particolare, i ricercatori che accederanno ai materiali dell’archivio saranno invitati a condividere le finalità, i metodi e i risultati dei loro lavori, facendoli confluire nell’archivio. In questo modo si cerca di equilibrare lo spirito dell’Open Archive con la necessaria cura che queste storie e testimonianze impongono necessariamente. Le collaborazioni in atto hanno permesso l’avvio di percorsi comuni culminati in mostre, laboratori narrativi, e azioni di advocacy nonché la produzione di film (Come un uomo sulla terra, 2008; Una scuola italiana, 2009; C.A.R.A. Italia, 2010; Soltanto il mare e Benvenuti in Italia, 2011) e cd musicali (Istaraniyeri, 2011, raccolta di canti e musiche di migranti a Roma) che hanno permesso di mettere a fuoco modalità incisive di condivisione e diffusione alla rete sociale e alla società civile della co-produzione audiovisiva di testimonianze di vita e di viaggio dei migranti e del loro difficile inserimento nella società italiana, ma anche di straordinarie capacità espressive che una società disattenta rischia di mortificare.

Bilbiografia

Bourdieu P., La misère du monde, Seuil, 2007 (I ed. 1993).

Rahola F., Zone definitivamente temporanee. I luoghi dell’umanità in eccesso, ombre corte, 2003.

Sayad A., La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina, 2002 (I ed. Paris, 1999).

Wievorka A., L’era del testimone, Raffaello Cortina, 1999.

“Voci, racconti e testimonianze dall’Italia delle migrazioni. L’Archivio delle memorie migranti”

di Alessandro Triulzi

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Abstract

L’Archivio delle memorie migranti (AMM) nasce all’interno di un progetto di educazione attiva presso l’associazione Asinitas Onlus e la scuola di italiano per rifugiati e richiedenti asilo di Via Ostiense a Roma. Nel gennaio 2012 l’Archivio si è costituito in Associazione di promozione sociale. AMM si compone di due aree di lavoro: il Gruppo Ricerche, che si occupa della produzione e archiviazione di testimonianze scritte e orali, e il Gruppo Audiovisivi impegnato nella realizzazione di produzioni audio e video documentarie. Dal 2011 AMM ha avviato la raccolta e l’archiviazione sistematica, sia in forma scritta che audiovisiva, di storie e testimonianze di migranti, in particolare rifugiati e richiedenti asilo, con la partecipazione attiva di migranti appositament e formati. AMM promuove progetti in rete, la realizzazione di laboratori di video-formazione e la produzione di documentari e cortometraggi realizzati da migranti.

Presentare un archivio di memorie per loro definizione ‘migranti’, per di più nato da poco, senza una sede fissa e con scarsi mezzi, vuol dire parlare di qualcosa che è ancora in larga misura ‘in cammino’, e di cui le prime realizzazioni permettono di delineare il percorso di marcia più che mostrare consolidati risultati di ricerca o raccolta di fonti. Il tentativo di rintracciare voci e memorie di migranti dal Corno d’Africa – mio tradizionale terreno di ricerca – si è imposto al termine e come proseguimento dell’insegnamento di Storia dell’Africa Subsahariana tenuto per più di trent’anni all’Università di Napoli “L’Orientale” dopo aver visto, in un improvviso ribaltamento dei flussi migratori e coloniali europei nell’Africa di fine Ottocento, i propri soggetti di studio sbalzati un secolo dopo all’interno della società italiana. La scelta iniziale, presto condivisa da un gruppo di volontari, studenti e ricercatori, è stata una decisione che si è imposta allora a livello etico-culturale e allo stesso tempo come rinnovamento di campi disciplinari. Avendo descritto altrove il processo di maturazione e di forte coinvolgimento di gruppo (Triulzi & Carsetti 2007), non intendo soffermarmi su ragioni che a loro volta articolavano una richiesta di sapere e un bisogno collettivo di cambiamento che si andavano allora imponendo, sia pure tortuosamente, nella società italiana di accoglienza. È da queste richieste e bisogni che occorre partire per arrivare nel gennaio 2012 all’atto di fondazione dell’Archivio delle memorie migranti (AMM) come Associazione di promozione sociale a sé stante.

Origini e percorso di gestazione dell’Archivio

L’Archivio delle memorie migranti nasce inizialmente come deposito (repository) di storie, narrazioni e testimonianze raccolte all’interno di una Scuola di italiano per migranti (www.asinitas.org), con cui avevo iniziato a collaborare per affiancare una sperimentazione terapeutica inizialmente portata avanti da un gruppo di volontari in collaborazione con Medici contro la Tortura. La raccolta di storie e narrazioni per ricostruire i tessuti comunitari di migranti sopravvissuti ai traumi dell’esodo forzato inizia a prendere forma nel 2004 tra gli occupanti stranieri dei Magazzini di Tiburtina, un ampio spazio allora presidiato da alcune centinaia di richiedenti asilo e rifugiati politici provenienti dal Dar Fur e dalle regioni del Corno d’Africa, poi sgombrato con la forza dal Comune di Roma nel 2005. È qui, tra i vestiti e le fotografie rase al suolo dalle ruspe insieme a quello che restava della prima comunità autonoma di accoglienza per migranti nata a Roma, allora denominat a ‘Hotel Africa’, che è nata nel gruppo l’idea di conservare le tracce, le narrazioni e le testimonianze di viaggio e dell’arrivo per registrare la tortuosa accoglienza riservata agli ‘ospiti’ stranieri di Tiburtina (Triulzi 2013). Nella scuola Asinitas fondata sui lasciti di questa esperienza, le storie dei migranti, espresse in modo incerto e con le poche parole di italiano conosciute, venivano usate in attività didattiche come tracce di memoria, e di riconoscimento, della propria identità culturale e di miglioramento nella conoscenza dell’italiano da parte di st ranieri migrant i resident i a Roma e provincia.

Il lavoro presso la Scuola Asinitas di Via Ostiense a Roma dà inizio alla prima fase dell’Archivio portato avanti insieme agli operatori didattici con cui vengono condivisi gli anni di formazione (2005-2011) e la prima sperimentazione di progetti di raccolta e diffusione di testimonianze audiovisive. Tale lavoro è stato fondamentale per i volontari e i ricercatori dell’Archivio non meno che per i migranti-studenti alcuni dei quali sono poi diventati mediatori culturali e della comunicazione. La Scuola di Via Ostiense, terreno di raccolta e allo stesso tempo laboratorio di esperienze di formazione e ricerca, era allora frequentata da migranti provenienti soprattutto dalle regioni del Corno d’Africa martoriate da conflitti intestini mescolati a povertà e autoritarismo, e ospitava principalmente studenti rifugiati dall’Eritrea, Somalia, Etiopia e dal Dar Fur sudanese arrivati in Italia da poco. Fin dall’inizio l’insegnamento della lingua italiana era intessuto con le tracce di memoria che si voleva conservare: “A scuola le lezioni seguono le ‘tracce’ degli studenti. Si fa lezione raccogliendo e soffermandosi su ciascuna parola che imprevedibilmente loro pronunciano. All’inizio la partecipazione degli studenti alle lezioni d’italiano sono parole senza sintassi, intenzioni di discorso, abbozzi di frase, pensieri incompleti. Le parole evocano però interi discorsi, producono linguaggi. È da lì che si parte” (Triulzi e Carsetti 2007, 108).

Il lavoro della scuola consisteva proprio in questo: dare spazio autonomo alle voci narranti dei diretti interessati nella necessaria ricostruzione/ricomposizione delle loro identità dopo lo spaesamento dell’arrivo. Seguendo l’annotazione di Abdelmalek Sayad (2002) che immigrazione e emigrazione sono ‘due facce della stessa medaglia’, si ricostruire la complessità del percorso migrat orio nella sua ‘interezza’, e ricollegare pertanto chi arrivava con la propria società di origine, il qui con il là del loro peregrinare: “A scuola questo è possibile perché è uno spazio aperto dove provare a pronunciare il proprio discorso in prima persona e in mezzo agli altri, in un ambiente significativo di apprendimento, dove riannodare i fili, riordinare le tracce, esplorare i contorni e le radici della propria esperienza migratoria” (Triulzi e Carsetti 2007, 108). Al termine di ogni anno, i materiali raccolti diventavano libro di letture per gli studenti-migranti e forma di auto-riconoscimento per la comunità mista di studenti, volontari e ricercatori. I ‘libretti’ di Asinitas con le testimonianze vive, i prodotti artigianali e i disegni degli studenti raccolti nella collana “Percorsi”, segnavano il progressivo avanzamento nelle pratiche di educazione attiva e la prima raccolta di materiali di archivio che univano produzioni audiovisive e laboratori informatici sui temi della migrazione (www.asinitas.org/produzioni/).

Facevano parte di questi percorsi nuove aggregazioni di saperi e pratiche di interscambio culturale che, con il sostegno di Fondazioni bancarie (Monte dei Paschi di Siena) e private (AAMOD-Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Fondazione lettera27) si concretizzarono in un progetto formativo denominato “Confini” che includeva, oltre all’insegnamento della lingua italiana, cerchi narrativi con ragazzi migranti realizzati in collaborazione con le scrittrici di origine somala Cristina Ali Farah e Igiaba Scego (Carsetti, Scego, Triulzi 2009), elaborazioni plastiche di micro-paesaggi e luoghi della migrazione miste a memorie di arrivo e di transito come nella Mostra Geografie extra-vaganti allestita presso la Città dell’Altra Economia a Roma nel giugno 2010 (Borella, Carsetti, Mammarella 2010), e soprattutto la produzione dei primi video partecipati (Il deserto e il mare, 2007; Come un uomo sulla terra, 2009; C.A.R.A. Italia, 2010; Una scuola italiana, 2011) che, condotti da Asinitas insieme a registi italiani e migranti, tracceranno il solco futuro di AMM come produttore e non solo raccoglitore di fonti audiovisive.

Immagini in movimento: la produzione filmica di AMM

Il 2012 apre la seconda fase dell’Archivio, trasformato in Associazione autonoma, produttrice e raccoglitrice di memorie e testimonianze audiovisive sulla migrazione, che nasce in stretta collaborazione con l’Archivio sonoro Franco Coggiola e gli operatori del Circolo Gianni Bosio presso la Casa della Memoria e della Storia del Comune di Roma. In questo periodo si annodano collaborazioni fruttuose da un lato con l’Ente universitario di origine,  l’Università di Napoli “L’Orientale” e con Istituti e Biblioteche romane (ICBSA-Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi, Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Biblioteche di Roma) dando avvio a una Rete di archivi e memorie migranti (RAMM), dall’altro con Fondazioni internazionali (OSF-Open Society Foundations), archivi consolidati (Archivio Franco Coggiola, AAMOD, Archivio storico Luce) e con le organizzazioni della società civile attive sul territorio a Napoli e Roma per avviare percorsi comuni e progetti di comunicazione e/o raccolta di fonti in ambito interculturale.

In questa fase l’Archivio aderisce al progetto di condivisione delle fonti coloniali Returning and Sharing Memories avviato da Paolo Bertella Farnetti all’Università di Modena e Reggio Emilia e si fa portatore presso altri Atenei e istituzioni culturali dell’apertura di un portale sulle fonti coloniali da condividere con gli studenti e gli studiosi dei paesi già sotto amministrazione italiana (Bertella Farnetti 2009).

Rientra in questa fase la produzione di documentari e video partecipativi (PV) che, sulla scia dell’antropologia condivisa di Jean Rouch (Grisolia 1988), condividono pratiche e forme dell’ “atto di rappresentazione tra un’istanza rappresentante e un’istanza rappresentata” (Moraldi 2013, 221-226), non solo spostando l’accento dal prodotto al processo ma insistendo nella direzione della piena promozione di autorialità della regia migrante (dalla scelta dei soggetti alla effettiva esecuzione dei lavori). Negli anni 2011-2013 l’Archivio produce tre film documentari diretti o co-diretti da registi migranti che vanno in questa direzione. Il primo, Soltanto il mare (2011), diretto da Dagmawi Yimer e Giulio Cederna, si sofferma sugli abitanti di Lampedusa visti attraverso la cinepresa di un migrante sbarcato alcuni anni prima da ‘clandestino’ e tornato sull’isola come regista. Il secondo, Benvenuti in Italia (2012), è un docu-film in cinque episodi girati da migranti provenienti da Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Kurdistan e Somalia, coordinati da Renaud Personnaz, al termini di un seminario di formazione sulle modalità di auto-rappresentazione e di video partecipativo. Il terzo, Va’ Pensiero. Storie ambulanti (2013), opera prima di regia autonoma di Dagmawi Yimer, registra le reazioni delle vittime di due gravi attacchi razzisti avvenuti in Italia: il ferimento di Mohamed Ba, un attore e mediatore cult urale senegalese a Milano nel 2009, e l’uccisione in pieno giorno, a Firenze nel 2011, di due venditori ambulanti senegalesi e il ferimento grave di altri tre. Il progetto Va’ pensiero ha ricevuto nel 2011 il premio di produzione Gianandrea Mutti dando via, l’anno seguente, alla partecipazione dell’Archivio all’istituzione del Premio Mutti-AMM, il primo e unico premio in Italia dedicato al cinema migrante, organizzato in collaborazione con l’Associazione Amici di Giana e la Cineteca di Bologna e il sostegno di OSF e lettera27 (www.cinetecaidibologna.it /news_139).

I film di AMM si caratterizzano principalmente per la tendenza a rappresentare l’alterità attraverso l’auto-narrazione e a recepire lo sguardo dell’altro-interno alla società italiana. Sono film di denuncia ma anche di riflessione, a volte drammatica, a volte ironica, su realtà a contatto (e non solo a contrasto) nella vita quotidiana, a scuola, per strada, nei luoghi di frequenza dei migranti, i mercati, i centri di accoglienza e quelli di espulsione. Alla base c’è un racconto per immagini non solo dei e sui migranti e richiedenti asilo ma sull’Italia che cambia ed è vista attraverso gli occhi degli ‘stranieri tra noi’, e sulle pratiche di accoglienza, o di respingimento, del Paese nel suo complesso. Il film che ha dato inizio all’auto-narrazione dei migranti, e che ha portato il regista rifugiato dall’Etiopia Dagmawi Yimer a farsi portavoce dell’Archivio e dei suoi metodi, è stato Come un uomo sulla terra, un film co-diretto insieme a Andrea Segre e Riccardo Biadene nel 2009. Il film “racconta per mezzo di alcuni testimoni, il viaggio impossibile del migrante – che lui stesso [Dagmawi Yimer] anni addietro ha intrapreso – dall’Africa all’Europa. Egli si vede nel film interagire con i soggetti, fare da ‘mediatore interno’, da ‘guida’ nella comunità dei rifugiati; inoltre, è la sua voce fuori campo che introduce all’incontro con i migranti e guida lo sviluppo del film, come a sottolineare la necessità di dare valore testimoniale alle immagini” (Moraldi 2013, 232). Un cinema dunque che è ‘fonte’ di memoria e di testimonianza, ma anche moltiplicazione di voci e di sguardi sulla migrazione e sulla società che la ospita. Fanno parte della produzione di questo cinema-documento, il corto To whom it may concern (2012), un documentario del giornalista somalo Zakaria Mohammed Ali, sbarcato a Lampedusa nel 2008, che ritorna sull’isola quattro anni dopo alla ricerca delle foto e dei documenti che gli sono stati portati via al momento dell’arrivo insieme al suo nome e alla sua identità; l’audio-mappa di Mohammad Aman, oggi mediatore culturale a Lampedusa, che racconta il suo personale ‘ritorno’ sull’isola da uomo libero nell’estate del 2012 (Bandella 2013); e Grooving Lampedusa, dello stesso anno, un foto-racconto per immagini (Badagliacca 2013) che ripercorre con i protagonisti i luoghi del loro primo sbarco tra storia e memoria.

La produzione filmica dell’Archivio, oltre a essere disponibile in rete, viene diffusa secondo modalità di distribuzione civile inaugurate con il film Come un uomo sulla terra (Segre 2009, 119-126), e poi continuate con le produzioni successive, che prevedono ad ogni proiezione la presenza di migranti-testimoni che hanno partecipato al processo produttivo. I film sono consultabili in rete alla voce Immagini sul sito di AMM (www.archiviomemoriemigranti.net/produzioni/). La sezione Mappe del sito presenta invece il progetto “Geografie degli sguardi”, 200 segnalazioni e schede geo-referenziate relative della produzione filmica italiana nel settore delle migrazioni degli ultimi venti anni con particolare riferimento ai film che fuoriescono dai circuiti commerciali e riflettono criticamente sulla condizione migrante con modalità di produzione partecipate da registi, scenografi o scrittori migranti.

Fondi e documenti conservati

L’Archivio conserva copie cartacee e digitali relative a testi audio e video di documentazione e rappresentazione del fenomeno migratorio in Italia, con particolare riguardo alle narrazioni, memorie e testimonianze condivise e partecipate dai migranti stessi. I fondi cartacei dell’Archivio sono in fase di riordino e sono soggetti a restrizioni a garanzia della privacy e riservatezza degli autori. I materiali accessibili in rete sono consultabili sul sito di AMM. Il fondo documentario di AMM include testimonianze in forma orale e scritta, sotto forma di colloqui o interviste (entretiens), narrazioni, racconti: i documenti cartacei raccolti nel fondo sono eclettici ed eterogenei, nascono dalla volontà di testimoniare, dal bisogno di raccontare e di raccontarsi, di far conoscere il punto di vista dei migranti, il loro vissuto, l’espressione della propria creatività, l’acquisizione di una nuova coscienza civile e politica, la voglia di dire in una lingua nuova, il desiderio di comunicare e condividere, e altro ancora. Individuali e partecipate, le scritture e narrazioni migranti di AMM diventano uno strumento per darsi un nome e dare un nome alle cose nell’Italia delle migrazioni e alla loro rappresentazione spesso appiattita dai media e dalla politica. Per questo AMM non segue le categorie di catalogazione tipica degli archivi. Con le sue attività e le sue pratiche, somiglia metaforicamente più a un taccuino che a un armadio, è il quaderno che accoglie le prime parole, i primi tentativi di auto-narrazione, lo spazio in cui prendono forma racconti autobiografici che non solo mettono per iscritto i ricordi, ma che li rendono possibili, narrabili, condivisibili.

I fondi cartacei dell’Archivio descritti sul sito AMM sotto la voce testi è suddiviso nelle sezioni interviste, testimonianze, audio-documenti e saggi e ricerche.

Interviste. La sezione contiene la documentazione relativa a incontri, conversazioni, interviste, cerchi narrativi o colloqui tenuti, svolti o organizzati dai volontari, ricercatori, e soci di AMM. Rientrano in questa sezione scritture creative o autobiografiche di singoli migranti o scrittori che hanno partecipato a seminari, progetti e audizioni (Scego 2009). Rientrano altresì i materiali di backstage di alcune produzioni filmiche (Come un uomo sulla terra, C.A.R.A. Italia, Benvenuti in Italia) con i testi integrali dei documenti di produzione, i soggetti, le interviste di sfondo. Di ogni incontro, colloquio e intervista vengono presentate schede di identificazione e brevi estratti scritti e, quando disponibili, audio. Le interviste includono colloqui e racconti di viaggio e dell’arrivo svolti in gruppi di ascolto con o tra migranti provenienti dalla stessa area (es. Giovani Etiopia, 1-8; Migranti e spazi pubblici, 1-2; Cerchio narrativo con giovani somali, 1-9), interviste lunghe con combattenti eritrei (GT, 1-3) a volte scritti in lingue locali (amarico, tigrino, somalo) da parte di migranti provenienti dalle rispettive regioni. Vista la complessità di problemi che circondano le testimonianze dei migranti, e la necessità di condividere i testi prima di poterli diffondere, non sorprendano i tempi lunghi di produzione di queste ‘traduzioni’ dal vivo. Alcuni di questi scritti pertanto sono tuttora in corso di editing e di condivisione con gli autori. I testi integrali delle singole interviste o colloqui sono consultabili secondo modalità concordate con gli autori e saranno resi disponibili al termine dell’attuale riordino.

Testimonianze. La sezione ‘testimonianze’ riporta le auto-rappresentazioni, prevalentemente scritte – ma spesso corredate di immagini, video, audio – di soggetti migranti che intendono condividere le loro riflessioni sotto forma di diari, racconti, scritture, parole, segni o immagini, sul proprio percorso migratorio, le sue caratteristiche, i suoi lasciti, per intessere e condividere con altri gli intrecci, gli snodi e gli attraversamenti dei propri percorsi di vita individuali e collettivi. Tra le testimonianze più rappresentative vi è la cronaca dettagliata del viaggio Addis Abeba-Lampedusa di Dagmawi Yimer e del gruppo di giovani arrivati nel 2006 tutti provenienti dal quartiere di Qirqos della capitale etiopica (Yimer 2011), un lungo estratto di intervista a Gabriel Tzeggai, un combattente eritreo rifugiato in Italia, sui giovani eritrei in fuga dal loro paese (Tzeggai 2011), oppure il diario di viaggio Mogadiscio-Lampedusa del giornalista somalo Zakaria Mohamed Ali o il glossario di ‘parole narrate’ di Abubakar Mukhtar Jokof, entrambi ancora in fase di scrittura, o la lunga intervista accompagnata da scritti in lingua tigrina dell’ex-militare eritreo, Mahamed Aman, ora operatore di Save the Children sull’Isola, rilasciata all’indomani del suo arrivo in Italia, tutt’ora in fase di editing.

Foto 1 Zakaria Mohamed Ali, Scrittura sul molo di Lampedusa per il corto To whom it may concern, Lampedusa 2012 (©Zakaria Mohamed Ali)

Audio documenti. La sezione raccoglie documenti audio risultanti da accordi, incontri, inchieste, svolti da volontari, ricercatori, giornalisti, appartenenti a AMM o a altri soggetti della rete degli archivi e memorie migranti (RAMM), tesi a rappresentare, ricostruire e documentare vicende, eventi e processi relativi alla condizione migrante in Italia e all’estero. Gli audio-documenti testimoniano l’importanza di raccogliere la produzione audio diffusa nel paese, dalle inchieste di Audiodoc sui progetti di migrazioni interrotti o respinti (Herzog 2011) o sulle memorie dei prigionieri dei campi di internamento italiani in Etiopia (Herzog 2012), le trasmissioni dell’Agenzia Amisnet di radio locali e dei programmi radio di Passepartù riservato ai migranti (Coronati e Melot 2011), o le produzioni di musica migrante della collana Roma Forestiera sui nuovi suoni della città e i loro protagonisti curata dal Circolo Gianni Bosio (Istaraniyeri 2012).

Saggi e ricerche. La sezione è dedicata alla riflessione critica e alle ricerche svolte sul lavoro e le attività di AMM, al suo sviluppo nel tempo, i suoi cambiamenti, la sua storia. È aperta a contributi, saggi, interventi, ma anche interpretazioni e dibattiti sul lavoro di testimonianza, di memoria e di auto-rappresentazione dei soggetti migranti in Italia, così come ai risultati di ricerche e indagini sui processi migratori e la loro rappresentazione nella società contemporanea in Italia e all’estero. In questa serie, accessibile sul sito, l’Archivio intende riflettere criticamente sul suo operato, e recepire contributi esterni, sull’opera di conservazione, archiviazione e diffusione di materiali ‘sensibili quali quelli provenienti da rifugiati e richiedenti asilo, soggetti da un lato alla necessaria azione per la tutela del diritto alla riservatezza di ogni soggetto a rischio, e dall’altro alla non minore necessità di comunicare racconti e immagini per ampliare gli orizzonti di conoscenza e sensibilità di un pubblico spesso disattento e disinformato sulla questione migratoria.

Reti, progetti e laboratori di ricerca

Tra i progetti di rete e i laboratori di ricerca sostenuti dall’Archivio sono da evidenziare in particolare le connessioni transculturali e transnazionali che animano alcune recenti iniziative: l’azione avviata dall’Archivio a favore del Museo diffuso delle migrazioni sull’isola di Lampedusa; l’attività di rete condotta insieme all’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA) per reperire la documentazione sulla multiculturalità in atto nel paese; e il progetto di condivisione delle fonti coloniali con gli studiosi e le istituzioni culturali dei paesi già oggetto di amministrazione italiana. I tre progetti, tuttora in fase di elaborazione, riflettono ognuno a loro modo, il tentativo di condividere e ampliare ‘l‘aderenza’ delle fonti audiovisive alla complessità di interpretazione del fenomeno migratorio e della postcolonia nella società contemporanea (De Luna 2004, 110) di cui le auto-narrazioni dei migranti forniscono tracce indispensabili.

Il cantiere di Lampedusa. A Lampedusa, luogo di arrivi e partenze, di occupazioni e di esilii, AMM mantiene dal 2011 un ‘cantiere aperto’ che sostiene azioni di ricerca e avvio di reti a favore dell’isola considerata luogo simbolico e laboratorio di riflessione non solo sui movimenti migratori in corso e sulle regole che tuttora li governano, ma sugli immaginari collettivi che determinano la rappresentazione sulla ‘alterità’ delle ‘genti in cammino’ in un paese come l’Italia con politiche di accoglienza spesso ‘sviate’, in eccesso o difetto, rispetto a quelle, già ristrettive, concordate all’interno della UE. Il ‘cantiere Lampedusa’, iniziato a partire dal film Soltanto il mare girato nel 2010-11 da Yimer e Cederna sull’isola, prevede la raccolta di memorie e testimonianze da parte di migranti sbarcati a Lampedusa e delle loro successive esperienze ‘di ritorno’ sull’isola come persone libere (v. sopra), la collaborazione al progetto di apertura di un Museo diffuso delle migrazioni, e il supporto al Festival estivo di Lampedusa per la parte relativa al cinema migrante. La progettazione del Museo, tuttora in fase di gestazione, avviata in collegamento con l’Associazione Isole (www.associazioneisole.org) e con il Comune di Lampedusa e Linosa, ha preso vita dalla raccolta nella discarica dell’isola da parte dei volontari di Askavusa, un collettivo locale, di reperti, foto e documenti lasciati o tolti ai migranti e abbandonati sul posto (Sferlazzo 2013). Una prima raccolta di testi inter-religiosi e di testimonianze orali di migranti sbarcati a Lampedusa è attualmente in corso di pubblicazione presso l’Editrice Morcelliana (Cacciatore, Mosca Mondadori e Triulzi, in stampa).

Come già fu con i detriti dei Magazzini occupati di Tiburtina che servirono a formulare la prima idea di Archivio di ‘memorie migranti’, gli oggetti d’uso e di affezione dei migranti sbarcati a Lampedusa, insieme ai loro documenti, scritti e testi sacri, sono un formidabile richiamo alla necessità di non disperdere un tale patrimonio pubblico (Gatta e Muzzopappa 2012). Una quarantina di questi reperti sono stati affidati alle cure del Laboratorio di restauro della Biblioteca centrale della regione siciliana a Palermo e temporaneamente esposti in una piccola mostra di ‘oggetti migranti’ allestita in occasione del Festival di Lampedusa nell’estate 2013. All’interno del Festival (di ‘storie, incontri, migrazioni e culture che appartengono al Mediterraneo’) AMM sostiene dal 2011 la sezione dedicata al Cinema delle migrazioni attraverso il sostegno a un premio per il miglior film e la partecipazione di autori e registi di origine migrant e alla giuria coordinata dal regista etiopico Dagmawi Yimer.

La rete di archivi e memorie migranti-RAMM. La Rete, istituita attraverso una convenzione di collaborazione e di scambio stilata con il Circolo Bosio, l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi del Ministero dei Beni Culturali e l’Università di Napoli “L’Orientale” nel dicembre 2012, è parte di una costruzione di reti tra organismi universitari e culturali di base per l’inserimento di dati e testi audio e video relativi ai processi di multiculturalità in atto nel paese, affinché le memorie ‘altre’ conservate in Italia vengono incluse e registrate nella ‘memoria’ pubblica della nazione. Obiettivo della Rete è collegare e mettere in rete realtà affini che si sono affermate in Italia negli ultimi anni spesso collaborando o in associazione con AMM: dal progetto “Storie migranti” portato avanti da Federica Sossi presso l’Università di Bergamo (www.storiemigranti.org) ai materiali raccolti da Gabriele Del Grande per “Fortress Europe” (fortresseurope.blogspot.com) dai documenti audio di “Passepartù” trasmessi dalle reti radiofoniche collegate all’Agenzia Amisnet (www.amisnet.it) alle testimonianze di internati e profughi raccolte sul terreno da Roman Herzog per Audiodoc (www.audiodoc.it). Volontà della rete è raccogliere, mettere insieme e dare senso alla memoria complessiva del fenomeno migratorio, dai frammenti di vite disperse o travolte dagli sbarchi alle varie forme di creatività autobiografica dei migranti e contribuire alla conservazione e diffusione delle immagini in movimento impresse nei telefoni cellulari e nelle pellicole di volontari e filmmaker migranti.

Attraverso la rete, una volta ultimata, e una serie di postazioni di lavoro dedicate, ogni utente potrà avere accesso ai dati condivisi dai singoli istituti, centri e associazioni partecipanti. La Convenzione RAMM è aperta a successive adesioni; le domande di adesione possono essere inoltrate a uno degli Istituti fondatori; il testo della Convenzione è accessibile sui rispettivi siti.

Il progetto Returning and Sharing Memories. In collegamento con la rete RAMM è il tentativo in parallelo di mettere a disposizione di studenti e studiosi dei paesi che in passato sono stati soggetti all’amministrazione di organi di governo dell’Italia (e cioè Albania, Eritrea, Etiopia, Libia, Somalia, Isole del Dodecanneso, e Tienjin in Cina) un portale unico condiviso dove ogni partecipante al progetto, indipendentemente da dove si trovi, possa avere accesso in rete a informazioni, studi e dati audio e video che saranno riversati dai singoli istituti partecipanti. Il progetto “Returning and Sharing Memories (RSM)”, avviato nel 2008 dalla Università di Modena e Reggio Emilia con il concorso dell’associazionismo locale attraverso un semplice ‘call for memory’ rivolto alle famiglie di coloro che avevano soggiornato o vissuto in Etiopia, ha dato frutti insperati portando alla luce carte, documenti, testimonianze e materiale fotografico che, una volta digitalizzato, ha fatto parte dell’iniziale raccolta ed è stato oggetto di donazione a istituzioni culturali in Etiopia (Bertella Farnetti 2013, 7-11). Al progetto di rete, esteso nel 2012 alle Università di Napoli “L’Orientale” e di Addis Abeba, hanno temporaneamente aderito l’Università di RomaTre e l’Archivio Storico LUCE. Sono in corso adesioni da parte albanese ed eritrea. Una volta perfezionato l’atto convenzionale e le modalità di adesione, il portale della rete RSM potrà ospitare in ingresso i materiali provenienti dalle istituzioni e archivi aderenti e darà ai ricercatori italiani e stranieri accesso alle fonti sui periodi traumatici di storia ‘comune’.

L’insieme di iniziative di raccolta di documentazione nel settore degli audiovisivi permetterà di approfondire il lungo e complesso interfaccia della società italiana con l’alterità ‘esterna’ che ormai – da circa un ventennio, per quello che riguarda l’immigrazione, ma assai di più se si includono emigrazione e espansione coloniale – vive, produce e si confronta con la società italiana e con le sue istituzioni continuando ad essere percepita da entrambe come straniera ed estranea per diritto e provenienza di origine. Di tutto ciò l’Archivio delle memorie migranti, attraverso i suoi video, racconti e testimonianze ‘migranti’ vuole lasciare traccia ricordando alla società civile e alle istituzioni dello Stato l’enorme lavoro di interazione culturale e di condivisione che ancora aspetta, e deve precedere, il sentimento di appartenenza comune. Su questi temi e prospettive AMM intende essere presente nelle scuole, nelle Università e in eventi pubblici attraverso proiezioni e dibattiti, seminari di riflessione, e incontri sulla memoria che coinvolgano e vedano partecipi migranti, rifugiati e immigrati di seconda generazione nati e cresciuti in Italia ma non ancora riconosciuti come cittadini.

Biografia

Alessandro Triulzi ha insegnato Storia dell’Africa Subsahariana e coordinato il Dottorato di ricerca di Africanistica presso l’Università di Napoli “L’Orientale” (1995-2011). Ha svolto ricerche sul terreno in Ghana, Etiopia e Sudafrica. Dal 2008 si interessa di tematiche relative all’immigrazione. È tra i fondatori dell’Archivio delle memorie migranti. Recenti pubblicazioni: Dopo la violenza. Costruzioni di memoria nel mondo contemporaneo (cur., L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2005); Il ritorno della memoria coloniale (dossier “afriche e orienti” 1, 2007). Come un uomo sulla terra (DVD + volume dall’omonimo film, con Marco Carsetti cur., L’Infinito Ed., Roma 2009); Long Journeys. African Migrants on the Road (con Robert McKenzie, cur., Brill, Leiden 2013).

Bibliografia

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Siti consigliati

Associazione Archivio delle memorie migranti
www.archiviomemoriemigrant i.net
www.va-pensiero.org

Associazione/Collettivo Askavusa
askavusa.blogspot .com
askavusa.wordpress.com

Associazione Asinitas Onlus, Centri interculturali per migranti
www.asinit as.org

Associazione Isole, Palermo
www.associazioneisole.org
www.progettoisole.org

Associazione audio documentaristi
www.audiodoc.it

Memorie coloniali. Returning and Sharing Memories
www.memoriecoloniali.org

Amisnet, agenzia radiofonica indipendente per l’informazione sociale
Amisnet.org